Tanta violenza per nulla
Dall’uscita di 300, quattro anni fa, regolarmente sui nostri schermi vengono proiettate pellicole che tentano, in un modo o in un altro, di emulare, per stile o per tecnica, il film di Zack Snyder dando vita a numerose variazioni sul tema.
Non fa caso a parte Immortals, in cui l’ambientazione è sempre l’antica Grecia, e dove questa volta ad animare le vicende sono Iperione, re in collera con gli déi ed intenzionato a liberare i titani, e Teseo, contadino allevato a sua insaputa da Zeus che si ergerà a difesa del popolo ellenico.
Tralasciando la pochezza contenutistica, il film riflette sul libero arbitrio e sulla necessità della fede nell’uomo in maniera del tutto didascalica, retorica e superficiale tanto da risultare fastidiosa. Maggior attenzione va però posta sulla parte estetica della pellicola. Dietro la macchina da presa infatti troviamo Tarsem Singh, regista dalla forte impronta visiva (tra i suoi lavori The Cell e The Fall), e che anche in questo caso realizza un film capace di colpire immediatamente lo spettatore. Proprio come 300, Immortals, si caratterizza con un elaborato lavoro all’immagine tanto da rendere, a prima vista, le due produzioni gemelle, questo anche per l’intento comune di spettacolarizzare al massimo i combattimenti riprendendo l’orizzontalità degli scontri, tanto cara a Snyder, e l’impiego massiccio del rallenti. Ma mentre l’aspetto visivo in 300 diventava elemento chiave per far percepire allo spettatore il cammino verso i campi elisi dei trecento guerrieri, desaturando l’immagine quasi fosse completamente avvolta dalla luce del regno dei morti e lasciando intensi solo i simboli della guerra e dell’onore (il rosso del sangue e dei mantelli); in Immortals, invece, il fattore coloristico diventa semplice elemento estetizzante delle corporalità dei protagonisti (non che nella pellicola di Snyder non ci fosse anche questa funzione, sia chiaro).
La particolarità di maggior interesse in Immortals risiede nel senso di terribilità e disperazione che l’uomo prova dinanzi al mitologico e al mistero, in questo modo il bue di metallo, che vediamo nella prima parte, è capace di disturbare lo spettatore senza che ci venga immediatamente rivelato il suo vero scopo. Lo sguardo verso il nemico è sempre mostruoso proprio come avviene in 300, ma, mentre in quest’ultimo gli esseri fronteggiati dai protagonisti sono veri e propri orrori, in Immortals la soglia è meno definita, essa è percepibile solamente attraverso l’audio, la colonna sonora dona la giusta gravità alle situazioni, e alle ispide figure architettoniche che dominano i campi di ripresa, rendendo la pellicola intrigante sotto questo punto di vista.
Ma per via di alcuni squilibri narrativi (non esiste un vero alternarsi tra scene concitate e stasi annullando di fatto la crescita dell’eroe) e la presenza di personaggi di poco interesse, e per di più mal introdotti nella vicenda, Immortals non riesce ad essere la discreta pellicola d’azione che sarebbe potuta diventare, rimanendo chiusa all’interno della propria vuotezza contenutistica e all’impersonale scelta stilistica.