Ritorni di Fiamma
A volte la vita è ingiusta. Prendiamo Ally Darling (Anna Faris), per esempio. Cosa fareste se, ventinovenni, licenziate di fresco, scopriste che venti è il numero massimo di relazioni prima che una donna resti nubile per sempre? Ora, voi siete a quota 19 e il vostro vicino di casa è Chris Evans.
Cioè Capitan America. Cioè La Torcia Umana, non so se mi spiego. Come dite? Avreste già risolto? Eh, no, non è tanto semplice. Perchè il suddetto usa intrufolarsi nudo in casa vostra, cosa che potrebbe distrarvi dall’enorme cartello con scritto “ECCOMI” che ha appeso al collo…
Questo, dunque, il dilemma di What’s your number? (M.Mylod), cui il titolo italiano – (S)ex list– stavolta rende giustizia. La ricerca dell’uomo perfetto tra improbabili ex, con annessi divorzio dei genitori e matrimonio della sorella, è identica a quella di The ex list, leggerissima serie televisiva, trasmessa da CBS per soli quattro episodi e per intero da Cielo e Fox Life.
Anche qui la trentenne Bella Bloom (Elizabeth Reaser) frugava alla cieca nel suo passato, ignorando il fusto di turno con detestabile ottusità. Solo che la minaccia di nubilato proveniva da una veggente e non da un articolo di Marie Claire. Un punto per la pellicola.
Tuttavia, se la serie insisteva su pregi e difetti degli ex, nevrotici e bizzarri dietro impeccabili apparenze, nel film i candidati si intravedono appena e spesso l’aspetto caricaturale ne impone lo scarto immediato. Al contrario, la famiglia che nella serie tamponava i tempi morti, riscuote un’ inspiegabile attenzione, minando il ritmo narrativo con pranzi e prove pre-sposalizio.
Che dire, poi, delle amiche – la casta, la colta e la porca? Il chiaro richiamo a Sex and the city si stempera in un lessico paradolescenziale, dove “culo” e “vagina” sono trasgressioni degne di ilarità. C’è, dunque, di che riflettere sulla morale del film che, dietro alla facciata libertina e all’esplicita parodia dei luoghi comuni- dal puritanesimo della società al mito del matrimonio di interesse- nasconde, tutto sommato, un sottile conformismo. Se Ally rivendica con orgoglio lo status di “troietta disoccupata”, preferendo l’artista squattrinato al riccone in ascesa, l’ansia da matrimonio resta il motore della vicenda e l’elevato numero di storie è ufficialmente motivo di imbarazzo, naturalmente solo per le donne.
La pretestualità di certe situazioni e la regia pianamente invisibile rendono il tutto un po’ gratuito e frettoloso, come se la consapevolezza di un finale annunciato imponesse di arrivare in fretta all’epilogo. Alla fine resta la sensazione che il principale scopo di ogni sequenza fosse mostrare Chris Evans come mamma l’ha fatto. Nobile intento, per carità, ma un po’ pochino per reggere un film.