Ghiaccio bollente
Una macchina. Una donna divina, bionda, occhi di ghiaccio, vestita con un leggero abito rosa e una sciarpa elegantemente legata al collo, sicura di ciò che è e di ciò che vuole, caparbia, intelligente. Le sue parole sono lame affilate che puntano al cuore del problema e dell’interlocutore: “Io credo fermamente nelle cose essenziali”.
Al suo fianco un uomo intimorito, indispettito, ma nel profondo lusingato dall’intraprendenza di questa donna che non usa mezzi termini. Frances Stevens, interpretata da Grace Kelly, è la bella figlia di un petroliere e John Robie/Cary Grant è un ladro che ha abbandonato la “professione” per ritirarsi ad una vita tranquilla in Costa Azzurra; ma quando un altro ladro compie dei furti, adottando il suo soprannome, “Il Gatto”, non può che rimettersi in pista per sbrogliare la matassa. Caccia al ladro unisce la commedia amorosa al giallo, usando due personaggi che rappresentano figure tipiche di un certo cinema hitchcokiano: un uomo “demascolinizzato”, privato del suo essere virile, in balìa degli eventi; e una donna “defemminilizzata”, che dimostra un surplus di testosterone. Pensiamo ai vari tentativi della bella Frances di circuire e irretire il ladro gentiluomo, alla sicurezza con la quale si insinua nella vita dell’ex-ladro, ritagliandosi un suo posto: nella stessa maniera John sembra una donna spaventata di fronte al corteggiamento insistente di quella che sembra una playgirl che vuole solo conquistare la ritrosa preda, irretendola con il suo “Ghiaccio bollente”. A testimoniare questo è l’incontro galante nella stanza della donna in cui si continua a simulare la sconfitta dell’uomo e la presa delle armi da parte della donna: Frances, immagine divina in quell’abito candido che avvolge le sue forme, si offre a John, usando come moneta di scambio i suoi gioielli e il suo danaro , ma lo fa giocando sull’equivoco, parla del collier che porta al collo come di un qualcosa di proibito, a lui accessibile, quasi come di un oggetto sessuale da bramare; John d’altra parte, prima lontano anche fisicamente, scostante e diffidente, alla fine si arrende al gioco seduttivo. Forse Caccia al ladro tornerà a risplendere grazie ad un remake, di cui si parla fin dal 2004, voluto dalla Paramount e supportato da Neal Moritz, con la regia di Josh Stolberg. È un’impresa titanica realizzare un moderno Caccia al ladro, è difficilmente riproducibile, ed è difficile anche soltanto ricreare con gli stilemi odierni l’alchimia dei vari elementi, uniti con sapienza dal Maestro del brivido: il gioco di equilibri tra amore/seduzione/suspence, la misurata eleganza di Grant, la perfetta bellezza della Kelly, la forza narrativa del mezzo hitchcokiano. È meglio, in certi casi, non entrare nell’empireo, non alzare il velo del mito, non destare gli dei dell’Olimpo per non scatenare la loro furia. In certi casi è meglio riguardare un vecchio film e rimanere ammaliati dal mito.
Caccia al ladro [To Catch a Thief, USA 1955] REGIA Alfred Hitchcock.
CAST Cary Grant, Grace Kelly, Jessie Royce Landis, Brigitte Auber.
SCENEGGIATURA John Michael Hayes (tratta dal romanzo omonimo di David Dodge). FOTOGRAFIA Robert Burks. MUSICHE Lyn Murray.
Commedia/Giallo/Sentimentale, durata 102 minuti.