Eroi a confronto
Paddy Conlon ha un cappello che gli protegge la testa, una Bibbia per ingraziarsi il futuro e uno specchietto retrovisore che inquadra un passato di rami secchi. Paddy Conlon ha anche due figli. Uno vicino e uno lontano, uno insegnante e l’altro Marine, uno moglie-figlie-foto di famiglia, l’altro eroe-per-caso cliccato su YouTube.
Le uniche cose che hanno in comune sono i trascorsi negli MMA e il disprezzo profondo per Paddy Conlon. Sconteranno livori e rancori nell’incontro-scontro al torneo Sparta, esorcizzando con lividi nuovi le antiche ferite del padre alcolista. Dopo l’impresa sportiva di Miracle (2004) e i fratelli in conflitto di Pride and Glory (2008), Gavin O’Connor riunisce capra e cavoli nel ring emozionale di Warrior. A breve distanza del più cerebrale The Fighter, Warrior colloca la lotta archetipa tra Brendan (Joel Edgerton) e Tommy (Tom Hardy) nella cornice esplicita della crisi contemporanea. Crisi economica, certo, ma anche sociale. Così, se Brendan rischia la casa nonostante tre lavori, Tommy è reduce-disertore di una tragica esperienza in Iraq e l’esercito dei Marines ha preso il posto della famiglia mai avuta. La scalata per il titolo è dunque l’ennesimo sogno di riscossa di quelli che ai sogni hanno smesso di credere, a meno di conquistarseli a caro prezzo. C’è molto di Rocky, naturalmente, nell’ascesa improbabile del protagonista, dalla sostituzione del campione infortunato alla capacità di “stare a terra”, passando per la sofferta Tess/Adriana e il sovietico Koba/Ivan Drago. E tuttavia l’effetto maggiore il film lo raggiunge nel confronto tra padre e figlio, tra la maschera dolente di Nick Nolte e la schiena curva di Tom Hardy. Il primo, “straziato nel corpo e ferito nell’anima” come l’Achab di cui ascolta e ripete la storia, insopportabilmente patetico e al contempo – e per questo – sinceramente struggente nella ricerca disperata di un contatto filiale. Il secondo, infantile e micidiale, capace di restituire una vita di stenti nel volto contratto o in un’unica alzata delle spalle massicce. O’Connor valorizza la fisicità di entrambi, lasciando che i corpi sottraggano alle parole il ruolo di vero significante. Alle efficaci sequenze sul ring, realistiche e avvincenti quanto basta, accompagna uno sguardo continuamente filtrato da reti, cancelli, sbarre e porte a vetri, ad evocare lo spettro onnipresente degli ostacoli che affollanno il cammino. L’instabile affacciarsi della camera a mano – di sbieco, in tralice, da sopra le spalle – ricalca le difficoltà di una vita dal basso, mentre il quadruplo split screen delle sequenze di training è un omaggio affezionato al più radicato immaginario di genere. Il confine tra outsider ed eroe si fa incerto e sottile e raramente i traguardi reali sono quelli socialmente riconosciuti. Ma alla fine il messaggio è sempre lo stesso: vince chi è abituato a incassare.
Warrior [Id., USA 2011] REGIA Gavin O’Connor.
CAST Joel Edgerton, Tom Hardy, Nick Nolte, Noah Emmerich.
SCENEGGIATURA Gavin O’Connor, Anthony Tambakis, Cliff Dorfman. FOTOGRAFIA Masanobu Takayanagi. MUSICHE Mark Isham.
Azione/Drammatico, durata 140 minuti.