Fuori Orario, Rai3
In viaggio con Herzog
“Poiché era impossibile scandagliare la mentalità misteriosa dei miei personaggi, mi sembrava che restasse soltanto una soluzione: raccontare la storia attraverso una sequenza di immagini cinematografiche; e in questa direzione fui spinto senza dubbio dai film di Werner Herzog. Mi ricordo di aver detto: -se mai questo libro dovesse diventare un film, solo Herzog potrebbe realizzarlo. – Ma non era che un sogno”. (da Werner Herzog nel Ghana in Che ci faccio qui? di Bruce Chatwin)
E invece non rimase un sogno, perché Werner Herzog e Bruce Chatwin, noto scrittore girovago britannico, fecero davvero un film assieme su quel libro, che diventò la pellicola Cobra Verde. C’è una cosa che accomuna questi autori, ed è la voglia di ricerca, di scavo nelle altre-realtà che incontrano nei loro viaggi. Werner Herzog è un cineasta che riesce ad indagare la realtà documentaria sotto il suo strato, ipnotizzandoci per raccontarci la sua poetica. Sabato 29 ottobre la nottata di Fuori Orario ha proposto una raccolta di suoi documentari, intitolata Cuori di vetro e luci oscure, realtà ipnotizzata di/da Werner Herzog.
Il primo film presentato è un mediometraggio sul campione di salto con gli sci Walter Steiner: L’estasi dell’intagliatore Steiner racconta, attraverso le immagini girate da Herzog e troupe, la stagione tra 1973-74, quando Steiner aveva battuto a Obersdorf il record mondiale di salto. Questo ritratto in puro stile herzoghiano svela “intagliando” dalla superficie inscafibile di questo giovane svizzero una verità più profonda. Steiner vola troppo, rischia la vita ad ogni salto, e anche quando si ferisce preferisce continuare, sfidare se stesso, perché ha paura di non essere più capace di saltare. Herzog, sempre presente a fare domande, riprende il volo estatico del campione rallentando fino a 20 volte lo scorrimento delle immagini, disumanizzando il suo protagonista e ipnotizzandoci nella contemplazione dello spettacolo di ricerca della libertà, la sensazione che prova esclusivamente durante il salto. A seguire Rintocchi dal profondo, un documentario che traccia dei brevi abbozzi delle ritualità di superstizione nei villaggi sperduti tra le profondità della Russia; vediamo pellegrini scivolare sulla superficie ghiacciata di un lago, per cercare di sentire il suono delle campane di una mitica città, che si dice sia stata sepolta sotto le acque, vediamo un giovane vestito da Gesù cristo dirsi profeticamente tornato sulla terra per salvare i giusti nel momento del giudizio. Sempre più ipnotizzati dalle immagini, dalle musiche e dai canti tipici che rimbombano, ci incanaliamo in un vortice, che ci porta alle follie esorcistiche. Sembra aleggiare tra questi popoli, che paiono al limite del racconto mitologico, la sensazione di un’apocalisse imminente. Ma forse questa è la visione che Herzog vuole darci, la sua poetica. Anche negli altri documentari proposti è chiaro il sentore apocalittico: in I pastori del sole, Herzog racconta il popolo nomade dei Woodabe e i loro riti, mentre in Demoni e cristiani del nuovo mondo, intarsia invece un percorso lungo l’America latina e attraverso le forme di colonialismo religioso della Chiesa cattolica. Da questa poetica herzoghiana di un mondo senza speranza, si approda forse ad una risposta, anche se vuota. Kalachackra, la ruota del tempo, è un racconto tra Tibet, India e Austria dei pellegrinaggi e sul rito di iniziazione buddista conferito dal Dalai Lama. Migliaia di fedeli si dirigono verso il luogo di culto di Bodhgaya, magari prostrandosi, magari spendendo anni di cammino, per meditare e raggiungere l’illuminazione, la liberazione da ogni afflizione, il raggiungimento della pace dei sensi. “Ognuno di noi” –ricorda il Dalai Lama- “ puo’ diventare Buddha, l’illuminato”.
“Qualche settimana dopo, – continua Chatwin – su un altro aereo, sono seduto accanto a un avvocato di New York. Un suo cliente, un grosso nome di Hollywood, doveva fare un film con Werner ma poi ha avuto paura e si è tirato indietro. “Herzog?” mi dice. “Non si imbarchi mai in un viaggio con lui”. Beh, io mi sono imbarcato”.