RaiMovie, sabato 29 ottobre, ore 19.30
Lezioni di Storia e Ironia
Risi, Monicelli, Scola; Sordi, Tognazzi, Gassman; Age, Scarpelli, Maccari, Zapponi; l’Italia anni ’70, questa è la bella storia de I nuovi mostri – pellicola figlia di I mostri, del 1963, dello stesso Risi, e madre di quella brutta copia tra la “blasfemia” e il fragile tentativo d’imitazione, intitolata I mostri oggi, del 2009, di Enrico Oldoini.
Un’opera corale del 1977, candidata, due anni dopo, al premio Oscar, come miglior film.
Rivedere il lavoro oggi, fa un effetto strano, veniamo colti da stupore, meraviglia ed imbarazzo: stupore perché lo spettatore si trova di fronte ad un’opera che racchiude il meglio del cinema italiano, dando un risultato interessante e godibile; meraviglia nel vedere i volti di alcuni dei più grandi attori del nostro bel paese, tutti insieme, rotolare sotto l’occhio cinematografico e contorcersi in una smorfia “mostruosa” del vizio e del difetto italico; imbarazzo nel pensare a come si sia modificato, in maniera irreale ed erronea, il concetto di “Mostro” e della Risata, quest’ultima oggi incredibilmente sganciata e slegata dalla realtà: non si ride per ciò che si è, ma si dovrebbe ridere e basta.
In I nuovi mostri, invece, tutto gira intorno a mostruosità, deformità e amplificazione di quei nei dell’italiano medio, ingigantiti e resi purulenti dall’ironia, dall’amarezza, dalla storia; gli episodi sono fortemente immersi nella temperie culturale italiana, agganciata all’amara violenza, tra brigate rosse, scontri popolari, anni di piombo; ma non serve citare eventi particolari per far trapelare il disagio che si viveva e respirava in quegli anni, quando ci sono idee, basta raccontare. Nelle pellicole d’oggi, è più facile tentare l’imitazione piuttosto che creare un nostro “libello comico”, in cui si possa ridere “da italiani” e dell’essere italiani. È una questione di umorismo, ironia, sberleffo, categorie dell’essere per il Comico, ma anche di una diversa concezione del tempo comico. Pensiamo alla costruzione di Hostaria!, tipica di una certa commedia all’italiana dell’equivoco, in cui una coppia omosessuale, Tognazzi, cuoco/Gassman cameriere, litiga violentemente per motivi di gelosia; in questo climax ascendente, che punta al disvelamento del legame tra i due, tutto si concentra sugli attori, sul loro scontro fisico, sulla loro forza espressiva e sulla capacità di caratterizzare un personaggio con pochissime pennellate a disposizione – quale abisso rispetto all’episodio Amore Estremo di Manuale D’amore 2-Capitoli successivi in cui si racconta, con banalità narrativa, la difficile storia d’accettazione e d’amore della coppia Rubini/Albanese, seguendo cliché, triti e ritriti. In Come una regina lo splendido Sordi, porta subdolamente e abbandona la madre in ospizio, e non c’è nessun buon sentimento, amore filiale, happy end che possa liberarci da noi stessi, giganteggia solo la statura attoriale dell’“Albertone nazionale” – come anche in Pronto soccorso episodio in cui interpreta l’aristocratico clericale Giovan Maria Catalan Belmonte – che, con la sua mimica, crea personaggi che fanno parte di un’Umanità vuota e fragile. I nuovi mostri racconta dunque un’Italia violenta, a parole (Tantum ergo), con i fatti (Autostop), d’intenti (Pronto soccorso, Cittadini esemplari, Pornodiva), che non si salva e che non salva, anzi irride smaliziata quei piccoli esseri umani che gigioneggiano meravigliosi nei loro miseri e mediocri vizi.