La corsa al Polo
In occasione del centenario della spedizioni di Amundsen e Scott per la conquista del Polo Sud alle Giornate del Cinema muto, svoltesi dall’1 all’ 8 ottobre a Pordenone, sono stati proiettate alcune delle pellicole che avevano testimoniato proprio quegli eventi.
A partire dalla spedizione scozzese di William Speirs Bruce, sono stati riproposti anche inediti come alcuni documentari recentemente restaurati sulla spedizione norvegese di Roald Amundsens (che fu il primo a conquistare effettivamente la meta del polo sud) o di quella giapponese di Shirase, a cui si aggiungono le preziose pellicole delle spedizioni britanniche di Shackleton, e il tragico racconto dell’avventura di Robert Falcon Scott, filmato da Herbert Ponting. Le immagini ci riportano all’inizio del secolo scorso, in un mondo dove c’era ancora molto da esplorare, e dove il cinema stesso stava facendo i suoi primi passi. Le spedizioni sono raccontate attraverso la loro preparazione, con la rassegna dell’equipaggio, senza dimenticare le mute di cani da slitta, momenti di svago ed altri invece di duro lavoro. Non ci stupiamo forse per i paesaggi inospitali che questi uomini vedono per la prima volta, ma ci fanno sorridere i loro indumenti, le tende, le imbarcazioni e le prime “slitte a motore”. Nonostante le condizioni estreme non si legge paura nei volti dei protagonisti, lanciati in questa assurda conquista, neppure quando come nel film di Ponting The great white silence, che venne montato due anni dopo la partenza della spedizione, una volta arrivata la notizia della triste fine capitata agli esploratori. Eppure le immagini della fauna antartica, pinguini, foche, leoni marini, le balenottere dell’oceano, erano le prime favolose testimonianze di un mondo sconosciuto all’epoca. Non ci si stupisca che le balene venissero uccise per usarne il grasso come combustibile, o che le foche venissero ammazzate e tagliate a pezzettini per rifocillare i cani da slitta, o che questi stessi venissero abbandonati una volta perse le speranze, per salvare la propria pelle. Cullati dalla musica, ci si lascia tuffare nel passato per sorridere del presente, avvolti dall’esperienza del cinema muto.