Caccia alle streghe
Interno, giorno: sequenze di idillio familiare. Alain Marécaux, padre indaffarato ma affettuoso, saluta i figli primi di andare a lavoro. I bambini si preparano e fanno colazione; la madre, anch’essa di fretta, si accorda col marito su chi li passerà a prendere a scuola.
Una vita normale, scandita da gesti quotidiani semplici. Ci adagiamo su questa routine, ed è ciò che vuole il regista Vincent Garenq. Fin dai primi fotogrammi non c’è alcun dubbio: il protagonista – uomo onesto e non eroico – è un innocente. Un innocente per definizione, per naturale inclinazione. Tutto ciò cui assistiamo nella successiva ora e mezza è un sopruso, una indicibile prepotenza. Di notte irrompe in casa la polizia, e senza alcuna apparente spiegazione ammanetta i due coniugi. L’accusa che faticosamente affiora è delle più infamanti: pedofilia.“Quando ho scoperto il diario dal carcere di Marécaux” ha affermato Garenq, “il riscontro è stato immediato. Leggendo il suo resoconto ero costantemente sdegnato, in lacrime e arrabbiato”. È proprio questo sentimento di rabbia e indignazione che la pellicola vuole trasmettere, pedinando il proprio martire attraverso l’isolamento, l’impossibilità di comunicazione con l’esterno, l’impotenza e la certezza di aver perduto tutto. Incubo kafkiano che sfida la nostra fede nel sistema giudiziario, Présumé Coupable (nei paesi anglofobi verrà distribuito col titolo Guilty) prende alla gola e non ci dà tregua fino alla (clamorosa) sentenza finale, quando un esasperato e scarnificato Marécaux (interpretato con sofferta partecipazione da Philippe Torreton) ascolterà in aula la delibera del giudice. Non fosse una storia reale, penseremmo ad una drammatizzazione creata ad hoc per il pubblico. Invece è tutto vero: da tale Myriam Badaui che nel 2001 accusò senza prove l’intera popolazione di Outreau di essere piena di pedofili alla suggestione collettiva che ha influenzato le indagini; dalla “caccia all’untore” condotta senza la minima prova materiale al mea culpa pubblico dell’allora presidente Chirac. Un climax ascendente con un unico comune denominatore: la paura del “mostro”, che (sia esso accusato di pedofilia, terrorismo e/o altre violenze) genera a sua volta anomalie e deformità, nella spasmodica ricerca di ciò che potrebbe essere male assoluto. Come sottolinea la frase di lancio del film – vincitore dell’ottava edizione delle “Giornate degli Autori” a Venezia 68 – “per la Giustizia, gli innocenti non esistono”: l’autorità anche quando sbaglia non può fare marcia indietro, per non destabilizzare il proprio statuto di Potere. Anche a costo di calpestare la dignità dell’essere umano.
Présumé Coupable [Id., Francia 2011] REGIA Vincent Garenq.
CAST Philippe Torreton, Wladimir Yordanoff, Noémie Lvovsky, Farida Ouchani.
SCENEGGIATURA Hubert Delarue, Serge Frydman, Vincent Garenq. FOTOGRAFIA Renaud Chassaing. MONTAGGIO Dorian Rigal-Ansous.
Drammatico, durata 102 minuti.