La vita fatta a mano
Tra i molti talenti di J.J. Abrams non manca certo l’esprit du temps. Correva l’anno 2008 quando il Cloverfield da lui prodotto – per la regia di Matt Reeves – entusiasmava la critica per la messa in forma di uno sguardo post-11/9.
Più che l’espediente del video amatoriale colpiva l’incontro inedito tra questo tipo di estetica e l’entità spettacolare della catastrofe, inedito – appunto – ma ben radicato nell’immaginario comune dalle riprese del crollo delle Twin Towers, trasmesso dai media in un loop ossessivo. La furia cieca di un mostro invisibile completava il quadro dei riferimenti. Corre l’anno 2011 e Abrams firma, con Super 8, il terzo lungometraggio da regista. Stavolta il produttore è niente meno che Steven Spielberg e il film omaggia la (non solo) sua fantascienza anni ‘70-‘80. Non sorprende, dunque, che i protagonisti siano un gruppo di ragazzini nell’America del ‘79, eroi per caso, con più di un problema con la figura paterna. Li distingue il fatto di essere una troupe, per giunta piuttosto intraprendente. Durante le riprese di un film di mostri posticci si trovano a registrare un disastro ferroviario scatenato da un mostro vero. Per venire a capo del mistero dovranno sfidare famiglie, esercito e risentimento alieno. Questi bambini tessono, ricuciono, ricompongono le fila di una vicenda che si disvela a poco a poco, con indizi sparsi come le tessere di un puzzle. Parallelamente si rifondano legami e relazioni, si richiudono le ferite e si risanano i pregiudizi. Non a caso il piccolo Joe ha una passione per il modellismo, il deciso Charles è un perfetto regista, mentre la bella Alice è un’ottima attrice perché conosce il segreto dell’empatia e dell’immedesimazione. Grazie a queste doti ricomporranno gli equilibri delicati del rapporto con se stessi e con i padri, al punto che anche l’alieno, in un reciproco scambio, cesserà di riversare il suo dolore all’esterno e aprirà finalmente gli occhi per guardare il bambino, accettarlo e “interiorizzarlo” a sua volta. Quello della ricostruzione è anche il principio che segue Abrams, tanto a livello di scrittura quanto a livello formale. Non è da meno il campionario di oggetti che costellano il film, quasi un inno alla ricomposizione, dalla quotidianità dei modellini di Joe al collage allarmante sulla bacheca dei cani smarriti. Alla videocamera insaziabile di Cloverfield, vero mostro inarrestabile che fagocita senza discernimento, si sostituisce dunque l’eroismo romantico del filmino di zombi in super 8, cinefilo e artigianale, frutto compiuto di una vita “fatta a mano”. Se nel primo caso le riprese della catastrofe cancellavano la serenità del video delle vacanze, nel secondo è la coppia di protagonisti a sopravvivere ai mostri e a ricongiungersi. Come a dire che l’arte permette di documentare, assimilare, rielaborare lutti e catastrofi, inserirli nella memoria e nell’immaginario; e poi rialzarsi, perché “le cose brutte accadono ma si può ancora vivere.”
Super 8 [Id., USA 2011] REGIA J.J. Abrams.
CAST Joel Courtney, Elle Fanning, Kyle Chandler, Noah Emmerich.
SCENEGGIATURA J.J. Abrams. FOTOGRAFIA Larry Fong. MUSICHE Michael Giacchino.
Fantascienza/Thriller/Avventura, durata 112 minuti.