Il fare e il guardare
Super 8: già il titolo sancisce la crucialità del dispositivo di ripresa nella narrazione, quasi a suggerire la radicale distanza dal precedente disaster movie prodotto da J.J. Abrams, Cloverfield, che aveva insita nella sua stessa struttura la natura di testimonianza digitale e “cancellabile”.
Qui, nell’estate del ’79 a Lillian, Ohio, un gruppo di ragazzini gira un film sugli zombie con invidiabile consapevolezza della “macchina produttiva” e senso dello spettacolo. Per questo il disastro ferroviario di cui si trovano testimoni è, passata la paura, un’occasione cinematograficamente imperdibile: l’obiettivo è ingabbiare la realtà nell’inquadratura, correndo da un luogo all’altro dell’incidente per inserire nel film le scene apocalittiche cui hanno assistito. Solo successivamente la giovane troupe scopre che la cinepresa abbandonata si è già incaricata di catturare la catastrofe mentre loro scappavano per la salvezza, svelando il responsabile degli eventi inspiegabili che accadono in città, finora visibile -allo spettatore- solo per frammenti e fugaci apparizioni. Se le autorità, sia le buone (Jackson Lamb e la polizia) che le cattive (Nelec e l’esercito), sono mossi dalla stessa ottusità e ugualmente incapaci di comprendere, la “lettura” della pellicola rivela ai ragazzi l’incredibile verità: sono ancora i filmini a mostrare gli esperimenti segreti dell’esercito, mentre la voce su nastro del prof. Woodward fa luce, forse fin troppo esplicitamente, sulla rabbia dell’alieno. Guardando, Joe, ormai consapevolmente mosso dall’amore per Alice, capisce la necessità di calarsi nella tana dell’alieno, che rivela il suo abitante come attivo e determinato; è guardando ancora, negli occhi del mostro, che Joe stabilisce il contatto più profondo, nonostante le capacità “psichiche” della creatura; e infine guardando col naso verso il cielo, smascherata l’impotenza dell’esercito, cui vengono letteralmente strappate le armi dalle mani, non resta che lo spettacolo spielberghiano della tecnologia di un’intelligenza superiore da lasciar andare. In una profusione di omaggi (alle produzioni Amblin degli anni ’80, ai film di genere, ai cineamatori), Super 8 si conclude in un insperato, toccante ottimismo, e il film di Charles Kaznyk finalmente finito, The Case, ne è la commovente esplicitazione: giustamente posto a epilogo, ripercorre nella sua stessa fattura, “difettosa” come dev’essere, la sottotrama metacinematografica che ha letteralmente portato avanti il susseguirsi degli eventi nel film principale, celebrando ulteriormente i valori intramontabili dell’amicizia e della dedizione alle proprie passioni.
Super 8 [Id., USA 2011] REGIA J.J. Abrams.
CAST Joel Courtney, Elle Fanning, Kyle Chandler, Noah Emmerich.
SCENEGGIATURA J.J. Abrams. FOTOGRAFIA Larry Fong. MUSICHE Michael Giacchino.
Fantascienza/Thriller/Avventura, durata 112 minuti.