Di estati e di avventure
La seconda volta in cui ci siamo innamorati del cinema, è stato quando abbiamo scoperto i grandi Autori e, con loro, un linguaggio capace di parlarci di tutto – della vita, del mondo, dell’arte, di noi -, meravigliosamente. Ma la prima volta in cui ci siamo innamorati del cinema eravamo molto più piccoli e quindi, forse, l’imprinting è stato più forte.
A un certo punto, nel buio di una sala o nel nostro salotto, ci siamo accorti di essere stati risucchiati dentro lo schermo, in un universo dove tutto era possibile, magico e, allo stesso tempo, vero. La consistenza dei sogni si faceva spessa e il brivido dell’avventura faceva tremare la schiena. Certo, il merito è del tipo di film che vedevamo: i ragazzini – quindi, noi – erano il centro di tutto, sapevano vedere più dei grandi e, proprio per questo, a loro era riservata, in premio, la totale purezza dello spettacolo. Sarà che, nel frattempo, Spielberg ha deciso di fare “film da grandi”, Joe Dante si è perso un po’ via, Zemeckis si è fatto travolgere dall’animazione in motion capture, ma era da un bel po’ che non capitava, sui grandi schermi, una pellicola come quelle di quei tempi là: ci voleva J.J. Abrams, il celeberrimo creatore di Lost e Fringe, appassionato di Sci-Fi e, probabilmente, cresciuto, come noi, a pane e Goonies, E.T., Stand By Me, Gremlins e via dicendo. Ma non è tanto una nostalgia degli anni 70 e 80, quella che permea Super 8, quanto la necessità narrativa di un tempo senza telefoni cellulari e senza Internet, un tempo fatto di biciclette, pantaloni strappati nelle corse, ritrovi segreti, case sull’albero. E Super 8 non è tanto un omaggio a Spielberg (che lo produce), come molti hanno detto e scritto, o al cinema di quel periodo, quanto la risposta a un bisogno. Niente 3D, basta effetti speciali fini a se stessi: per credere a quello che stiamo vedendo ci basta anche solo il modellino di un treno e i rumori d’esplosione fatti a voce – anche se poi, bisogna dirlo, Abrams dimostra nella gestione della spettacolarità una grande abilità registica, con quei campi lunghissimi che assomigliano a quadri, piani sequenza concitati e avvolgenti, una profondità di campo inclusiva e una macchina da presa tutta al servizio dello spettatore, per catapultarlo, come si deve, nella storia. Quello che ci conquista è la profonda necessità di una fantasia che diventi reale, e quello che vogliamo è l’avventura, quella dei campi di grano e delle caverne, delle uscite notturne e dei segreti, dei misteri enormi concessi solo ai ragazzi. Le sconfinate estati dell’infanzia, una sensazione di libertà tanto forte da fare male, e tramonti lunghissimi dietro le colline. Se c’è un modo di prendere in giro il tempo, si chiama “cinema”, e guardando Super 8 vi scoprirete sul serio ad avere ancora dodici anni, con i rimasugli di terra sui jeans strappati, le biglie nelle tasche, le musicassette consumate dentro lo stereo, e una bicicletta in grado di volare incontro alla luna.
Super 8 [Id., USA 2011] REGIA J.J. Abrams.
CAST Joel Courtney, Elle Fanning, Kyle Chandler, Noah Emmerich.
SCENEGGIATURA J.J. Abrams. FOTOGRAFIA Larry Fong. MUSICHE Michael Giacchino.
Fantascienza/Thriller/Avventura, durata 112 minuti.