L’Italia di Gipi
Nonostante l’annunciato arrivo degli extraterrestri, Luca Bertacci continua la sua triste routine di uomo solitario: lavora come cameriere in una sala bingo con dei colleghi pervertiti, spia la vicina di casa e il suo fidanzato sadico e imbroglione, va saltuariamente a puttane e alle volte fa visita al vecchio padre nella sua dismessa casa di campagna.
La morte violenta del gatto della vicina permetterà a Luca di incontrarla, di cominciare a uscire dalla sua prigione mentale fatta di paura e insicurezza, ma l’omicidio accidentale del suo miglior amico, il transessuale Roberta, e la rivelazione di un terribile segreto nascosto per anni dal padre mandano in frantumi le poche certezze del suo mondo. Per fortuna, gli alieni atterrano e, come una piaga biblica, puniscono gli empi e santificano gli onesti, dando ai terrestri l’opportunità di ricominciare. Forse.
L’ultimo terrestre, esordio nel cinema di Gian Alfonso Pacinotti, meglio noto come Gipi, riconosciuto fumettista di fama internazionale, ha tanti pregi e altrettanti difetti. Gipi prende spunto non da una sua opera cartacea, ma dalla graphic novel “Nessuno mi farà del male” di Giacomo Monti, e la contamina con il mondo rarefatto e atemporale delle sue storie, abitato da perdenti, disperati, vigliacchi e outsider. L’Italietta che descrive, popolata da maniaci sessuali, truffatori e assassini, ormai disillusa su ogni possibile roseo futuro e del tutto menefreghista nei confronti di avvenimenti epocali come l’arrivo degli alieni, è facile specchio deformante dell’Italietta odierna, cattivo quanto basta ma mai realmente crudele e liberatorio.
Colpisce all’inizio, ma alla lunga la carica eversiva potenziale de L’ultimo terrestre si perde per strada, procedendo per colpi di scena spesso telefonati fino ad arrivare a un finale affrettato e improvviso, che non rende onore a un film sicuramente interessante, ma che preferisce non osare troppo. Rischiando, questo sì, di non trovare un proprio pubblico.