Cose di un mondo di color verde
Presentato a Venezia nella sezione Controcampo Italiano, portato alla ribalta delle cronache già a luglio con una polemica politica estiva che minacciava interrogazioni parlamentari “preventive” e che è svanita con i vapori dell’afa d’agosto, Cose dell’altro mondo immagina una cittadina del profondo Veneto alle prese con l’improvvisa e misteriosa scomparsa di tutti i suoi immigrati.
La sparizione, che interessa tutta la nazione, è avvenuta a seguito di un editoriale tenuto da Golfetto, importante imprenditore del luogo, interpretato da Abatantuono, il quale, davanti alle telecamere della televisione di sua proprietà, si augura che dall’alto mandino uno tsunami che faccia sparire gli stranieri. Il cielo esaudisce la sua richiesta, e al risveglio la cittadina si ritrova con gli immigrati svaniti nel nulla; nessuno raccoglie più la spazzatura, i ristoranti chiudono, le tavole dei benestanti non vengono sparecchiate e le loro camicie rimangono stropicciate, e i figli sono costretti ad accudire gli anziani genitori.
Anche Golfetto si ritrova senza domestici, senza metà dei suoi dipendenti e senza la prostituta nigeriana di cui era innamorato. In poche parole, il paese si accorge di non riuscire più a vivere senza immigrati, anche perché gli indigeni non vogliono compiere certe mansioni, o, se lo fanno, il risultato oscilla tra il comico e il dannoso.
Il film di Patierno affronta il tema dell’impatto dell’immigrazione con il tono della commedia di costume con lampi surreali, e citazioni felliniane (il rito finale con cui il paese, in un ultimo disperato tentativo, torna alle vecchie tradizioni arcaiche, ricorda molto il falò di Amarcord) . Il tema affrontato è il razzismo radicato nel ventre basso del profondo nord, che contrasta con l’utilizzo quotidiano e fondamentale delle vittime di questo atteggiamento.
Non c’è però un atteggiamento polemico da “pahmplet satirico”, quanto piuttosto un approccio constatativo; è come se il regista, piuttosto che puntare il dito e graffiare, volesse rispondere alla domanda “come sarebbe il nostro mondo senza immigrati?”, e mostrasse tutte le probabili e dannose, e allo stesso tempo ovvie, conseguenze.
Mai nominata, il convitato di pietra del film è la lega, e il personaggio di Abatantuono così come molte figure secondarie, ricordano il tipico militante in camicia verde. Ci sono anche riferimenti, questa volta più diretti, al presidente del consiglio, sempre attraverso Golfetto: questi, infatti, si dichiara erede della borghesia imprenditoriale contro gli intellettuali che “non vogliono fare un c…o” e fischietta “menomale che Silvio c’è”, oltre ad essere un imprenditore che possiede anche televisioni. In ultima analisi, Cose dell’altro mondo si mostra talvolta efficace e al passo con i tempi e il contesto politico, e talaltra più debole e innocuo.