Salvate il Kung-Fu!
Se il protagonista di Kung-Fu Panda 2, Po, in questa nuova avventura è costretto a salvare proprio l’antichissima tecnica di combattimento dal più bieco industrialismo e militarismo rappresentato dal pavone antagonista Shen, non sappiamo se invece qualcuno all’interno della Dreamworks si sia prima chiesto chi lo avrebbe salvato da loro stessi.
Ovviamente non si chiede che il film rispetti la tecnica e lo stile fedelmente, del resto è una pellicola che prima di tutto deve pensare a divertire e di certo non diventare un manuale di Kung-Fu, ma dall’incapacità di rendere al meglio questo elemento si nota uno stile capace di tradire lo spirito filo-orientale che la produzione vorrebbe avere, palesando invece la matrice statunitense e prodotto di consumo per famiglie.
Se osseriviamo le scene di lotta di Kung Fu Panda 2 e le paragoniamo ad esempio a La Tigre e il Dragone di Ang Lee o alle sparatorie dei film di John Woo, per citare due che in occidente piacciono senza per forza dover nominare autori esotici, si può notare l’enorme differenza di concezione della battaglia e il rispetto di essa. Chiaro, sono pellicole estremamente diverse, ma la costruzione dei combattimenti nel film d’animazione ha un utilizzo del montaggio che frammenta le sequenze, si rompe la fluidità del movimento del personaggio affinché il ritmo ne acquisti velocità, e soprattutto si arrivi al momento del colpo con forza, così da esaltarne l’impatto.
Nelle altre pellicole sopracitate l’interesse è rivolto soprattutto al movimento del corpo (i due autori si ispirano al balletto per le coreografie di lotta) e alla tecnica, le capacità dei protagonisti sono legate innanzitutto alla costruzione del movimento (pensiamo ad esempio all’uso costante di rallenti e carrelli che fa John Woo) e la forza sprigionata dai colpi non è altro che un effetto della precedente preparazione degli stessi. Ciò che viene sottolineato è la capacità del personaggio di controllare una tecnica e quindi la conoscenza della stessa; in Kung-Fu Panda 2 l’unico interesse è quello di costruire le sequenze in modo tale da enfatizzare la forza dei singoli fendenti, sì spettacolari, ma soprattutto distruttivi.
Non è strano quindi che la pace interiore raggiunta da Po in realtà si trasformi nella più chiassosa e burlesca tecnica di demolizione di massa, e la consapevolezza che il protagonista ha di questa sembra essere, invece che un superiore stato di grazia, l’upgrade di un personaggio dei videogiochi che acquisisce una nuova tecnica per eliminare il nemico.