Premio Sergio Amidei, Gorizia 14-23 luglio 2011
ITALIA, 2009
Il regalo di un regista fuori dagli schemi
Opere italiane contemporanee come La bocca del lupo o Le quattro volte hanno dimostrato che fondere documentario e film di finzione, fino a renderne incerti i confini, anche al rischio di sconcertare lo spettatore e costringerlo ad una fruizione più attenta, è uno dei modi migliori per rigenerare l’ormai ultracentenaria Settima Arte.
Mirna, in programma al Premio Sergio Amidei 2011, è l’ultimo film realizzato da Corso Salani nel 2009, prima della morte prematura e improvvisa, e si caratterizza proprio per l’alternanza di un realismo semidocumentaristico e momenti lirici struggenti di grande, malinconica bellezza, ponendosi anche come modello per esordi recenti, come il parzialmente riuscito Hai paura del buio di Massimo Coppola, a cui lo accomuna anche il pedinamento quasi zavattiniano delle protagoniste femminili.
Un uso parco e discreto, ma sapiente della musica accompagna l’indagine psicologica e il viaggio di crescita personale della ventiseienne Mirna Alonso, tra Buenos Aires, troppo grande per lei, e le Ande, tra passato e presente, alla ricerca del suo posto nel mondo. Viandante dell’esistenza, Mirna è quasi sempre l’unica persona al centro delle inquadrature. Salani predilige primi piani, dettagli, tempi morti e pause descrittive e la macchina da presa è sovente addosso alla protagonista, ne esalta la bellezza non volgare e gli occhi profondi.
Gli sguardi in macchina di Mirna si rivolgono alla donna amata, Monica, che non vediamo mai, ma di cui sentiamo la voce fuori campo, e che perciò incombe come un fantasma per tutto il film, dialogando a distanza di tempo e di spazio con la protagonista e ripercorrendo l’evoluzione del loro rapporto sentimentale, interrotto dalla partenza di Mirna.
Le parole di Mirna e Monica, rispettivamente in spagnolo e in italiano, costituiscono la struttura ritmica del film, che è senza dubbio un esempio cristallino di cinema libero e soave, di difficile classificazione, necessario e personale. L’ultimo regalo di un regista indipendente, fuori dagli schemi.