Briciole d’Occidente
In un festival retrospettivo come il Premio Amidei – incentrato essenzialmente su recuperi di grandi cineasti, omaggi e una competizione “ufficiale” col meglio della stagione cinematografica appena passata – le “prime visioni” assumono un valore specifico, di ricerca sul campo ed esclusività.
Nei giorni della 30a edizione della kermesse goriziana la sezione “Italia 150: la Scrittura Migrante” si è imposta all’attenzione del pubblico come una piccola raccolta di ipotesi sul cinema italiano contemporaneo, a tratti ostica e controversa, ma di ampio respiro e in grado di indagare una nuova tipologia di produzione “meticcia”. Da Io, la mia famiglia rom e Woody Allen di Laura Halilovic a Con gli occhi dell’altro della coppia Bianchi-Marafatto, fino a Inside Buffalo di Fred Kudjo Kuwornu, il percorso intrapreso è stato quello del ribaltamento di un punto di vista oramai consolidato: non più documenti sugli immigrati in Italia bensì opere girate dai migranti stessi, osservatori privilegiati dai quali apprendere riflessioni e sguardi inediti sul nostro (bel?)Paese. A chiudere la mini-rassegna Come un uomo sulla terra (titolo dal vago sapore orrorifico romeriano), racconto di una, cento, mille odissee: nelle testimonianze degli etiopi Negga, Fikirte, Tighist, Dawit e molti altri rivive infatti il dramma di giovani esseri umani costretti all’emigrazione, per sfuggire alle guerre civili in atto nel loro Paese. Attraversando via terra il deserto tra Sudan e Libia i migranti finiscono inevitabilmente nelle mani sia dei contrabbandieri che gestiscono i viaggi verso il Mediterraneo che in quelle della polizia libica, responsabile di cruenti arresti e inumane deportazioni. L’incubo per i migranti ha un nome: Kufra. Oasi della Libia sud-orientale, Kufra è un luogo di passaggio e di sosta obbligata, una sorta di CPT di partenza fuori dalla sovranità della giustizia. L’unica legge è quella della criminalità, che incarcera e vende uomini e donne come bestie da soma. C’è chi nel suo “viaggio di speranza” è passato sette volte per Kufra; c’è chi lo definisce “un luogo di morte” e avrebbe voluto impiccarsi; e c’è anche chi, razionalmente, con l’occhio rivolto alla cinepresa si domanda perchè l’Italia finanzi la Libia. E – indipendentemente dalla nostra fede politica – ce lo domandiamo anche noi, mentre sullo schermo scorrono inesorabili le immagini delle strette di mano e dei sorrisi a 36 denti che nel 2008 sancirono nuovi accordi istituzionali tra Italia e Libia per contrastare l’immigrazione. Trattati di “amicizia e cooperazione per chiudere le ferite del contenzioso coloniale”, che ignorano colpevolmente il destino già scritto di persone disposte alle umiliazioni più infami pur di assaggiare qualche briciola d’Occidente, e quanto per un migrante sia facile morire nel nome di un miraggio chiamato libertà.
Come un uomo sulla terra [Italia 2008] REGIA Andrea Segre, Dagmawi Yimer, Riccardo Biadene.
SOGGETTO Andrea Segre, Dagmawi Yimer, Riccardo Biadene. FOTOGRAFIA Andrea Segre. MUSICHE Piccola Bottega Baltazar.
Documentario, durata 60 minuti.