Buon Compleanno Franco Giraldi!
La Bambolona
Franco Giraldi parla a briglia sciolta durante la giornata dedicatagli al Premio Amidei, prima tra le proiezioni dei suoi La supertestimone e La bambolona, poi durante l’incontro con il pubblico. Ricorda come, dopo quattro spaghetti western, si dedicò con altrettanto successo alla commedia.
Era il 1968, e passeggiando per Roma, Giraldi vide un libro che lo attirò subito: era La Bambolona di Alba de Cespedes, storia di un borghese benestante continuamente arrapato, ossessionato dall’avere una prosperosa ragazzina che lo turlupinerà senza mai concederglisi. Subito ne vuole fare un film, riesce a farselo produrre e inizia la ricerca di un’attrice adatta. “Ho girato per tutta Europa, senza trovare un’attrice col fisico adatto, una giovane in carne dal viso innocente. All’ultimo momento mi presentarono questa diciassettenne, Isabella Rey, che mai aveva fatto cinema ne tanto meno visto una macchina da presa. Fu un colpo di fortuna, era perfetta, non ha sbagliato un colpo”, racconta Giraldi.
Per il ruolo del vecchio porco si pensò prima a Mastroianni, purtroppo già impegnato: lo sostituì eccellentemente Tognazzi. “Mastroianni avrebbe portato prestigio al film, ma Tognazzi era più in parte, non sarebbe stato lo stesso film con Mastroianni”. E infatti, Tognazzi si meritò una Nastro d’argento per la sua interpretazione del donnaiolo riccone, che spende due milioni per una ragazza ma sogna di averne cento a ventimila lire, scena onirica questa dove il numero di nudi femminili (mai integrali) era piuttosto elevato per l’epoca. “La censura lo vietò ai minori di diciotto anni. La protagonista non poteva andare a vederlo… ma l’ho fatto in buona fede! La bambolona è un racconto sulla precarietà dei rapporti sessuali, già presente nel romanzo”, dove il corteggiamento diventa un accumularsi di colpi bassi e tiri mancini, narrato con amara ironia e ritmo tuttora spigliato. Tutti cercano di fregare tutti, sia questo per gioco, per togliersi sfizi lussuosi o per semplice divertimento, mai per reale necessità, quanto meno per sopravvivenza. Emerge così per contrasto la figura del cameriere di Tognazzi, dichiaratamente omosessuale, interpretato da Roy Bosier, dall’ingenua innocenza, costretto a partecipare al gioco dell’amore, e a farsi ripetutamente fregare, per reale necessità, per uscire, o sperare di uscire, dalla condizione di isolamento sessuale nella quale la società lo ha relegato. Un personaggio triste e purtroppo veritiero, agli antipodi delle macchiette omosessuali che imperverseranno nelle commedie sexy rosa degli anni ’70, che Giraldi descrive con grande tenerezza e sincero trasporto, e che rappresenta un ulteriore motivo di rivalutazione di un film e di un autore significativo per la storia del cinema italiano.