Buon Compleanno Franco Giraldi!
La supertestimone
Quest’anno il Premio Sergio Amidei, tra le numerose celebrazioni e ricorrenze, ricorda anche l’ottantesimo compleanno di Franco Giraldi, proiettando due suoi film poco conosciuti: La bambolona, del 1968, prima sua commedia dopo i primi film all’insegna del western, e La supertestimone, del 1971.
Quest’ultimo è stato scelto, oltre che per permettere la riscoperta di un’opera poco conosciuta e circolata, anche per approfittare del quarantesimo anniversario della sua realizzazione. Come ne La bambolona, e come in Cuori solitari, che Giraldi girò nel 1970, il protagonista è Ugo Tognazzi, affiancato da Monica Vitti. A disposizione ci sono quindi due mostri sacri allo zenit della forma e della popolarità, e nel pieno fulgore della loro carriera, pochi anni prima che iniziassero a ripetersi con sempre meno efficacia.
La supertestimone è, per certi aspetti, una tipica commedia all’italiana, di cui ritroviamo molti elementi, oltre alla presenza dei due interpreti che sono tra i volti più emblematici di questa stagione del nostro cinema: per esempio, il sottofondo amaro che attraversa tutta la vicenda, la vena ironica lucida e sincera che non fa sconti e non assolve, e il pessimismo grottesco che caratterizzerà sempre più la nostra commedia negli anni Settanta.
Affronta infatti con efficacia tematiche quali la situazione delle carceri e il problema del sesso per i detenuti, definito“un problema feroce che sarebbe scoppiato pochi anni dopo” dallo stesso regista nell’incontro con il pubblico del festival successivo alla proiezione del film, e la questione dell’identità, e dell’autoidentità, femminile in evoluzione in quegli anni. Non mancano frecciate all’arrancante funzionamento della nostra giustizia, con, curiosamente, una scena molto simile al più celebre film di Risi dello stesso anno In nome del popolo italiano: in entrambi i film infatti il palazzo di giustizia cade letteralmente, oltre che allegoricamente, a pezzi.
Rispetto ad altri registi della commedia all’italiana, inoltre, Giraldi dimostra di avere una presenza stilistica più evidente, come dimostrano la costruzione di alcuni piani e una macchina da presa molto mobile, così come è evidente la scelta di un montaggio scattante.
Il film perciò, pur essendo, come lo stesso Giraldi ha affermato, “un film di mestiere”, non sfigura davanti alle opere più celebrate della commedia all’italiana, e non merita certamente l’oblio a cui è stato condannato, anche perché, motivo ultimo ma non ultimo, molte delle cose descritte sono ancora oggi di una certa attualità.