Premio Sergio Amidei, Gorizia 14-23 luglio 2011
Gli occhi di Laura
Se c’è una cosa che il cinema sa fare, è regalarci sguardi. La macchina da presa è un occhio che si apre sul mondo e, nel buio di una sala, dalla nostra poltroncina comoda davanti allo schermo, è come se indossassimo lo sguardo di un altro e guardassimo con i suoi occhi.
La retrospettiva Italia 150: La scrittura migrante, proposta a Gorizia durante il Premio Amidei, fa ai suoi spettatori proprio questo dono inestimabile, in un periodo in cui ne abbiamo più che mai bisogno. Si comincia con un documentario sorprendente: Io, la mia famiglia Rom e Woody Allen. Sorprendente perché diretto da un’autrice giovanissima, Laura Halilovic, classe 1989. Sorprendente per la freschezza narrativa e stilistica, nonostante (o forse, proprio a causa di) una povertà evidente di mezzi di realizzazione.
Sorprendente soprattutto per la capacità di smontare, in pochissimi minuti e con leggera ironia, una grande quantità di stereotipi all’interno dei quali siamo, volenti o nolenti, continuamente immersi.
Laura Halilovic regge la cinepresa e ci parla, direttamente, raccontandoci la sua storia, quella di una ragazza che vuole fare la regista e che adora Woody Allen, che vive a Torino, in un quartiere popolare (la temibile Falchera), e che ama la propria famiglia, che vuole essere accettata dai compagni di scuola e che non sopporta le ingiustizie del mondo. Solo che Laura è una ragazza Rom, termine che, sempre più negli ultimi anni, è andato ad associarsi a scenari negativi. Già, perché i Rom, come spiegano senza battere ciglio i torinesi intervistati da Laura, sono “sporchi, ladri, delinquenti. Sono tutti uguali, se ne devono tornare a casa loro”. Esattamente, dove si trovi questa “casa loro”, non è dato sapere, dal momento che i Rom sono, prima di tutto, nomadi. Laura ha una carta d’identità italiana e un passaporto bosniaco. I suoi nonni hanno girato la Jugoslavia – quando esisteva ancora – e poi si sono trasferiti qui. Vivono in un campo, e anche Laura vi ha vissuto per tutta l’infanzia: “era bellissimo”, dice, e non stentiamo a crederle, visto che suo padre si è preoccupato di documentare tutto con filmini di famiglia, densi di gioia, danze, musiche, risate, proprio come ci si aspetta che siano tutti i filmini di famiglia del mondo. Lo sguardo di Laura ci spiazza e ci coinvolge, perché si sovrappone facilmente al nostro, infrangendo il pregiudizio con più efficacia di mille triti discorsi. Ci fa sentire vergognosamente “Gagè” (il termine con cui i Rom chiamano tutti i non Rom), ci fa indignare e poi ci conforta, accogliendoci dentro lo schermo, dentro quella grossa famiglia festosa. Ci fa pensare mentre ci fa ridere, con tocco lieve. In un modo di cui, sicuramente, il Maestro Woody sarebbe contento. Per festeggiare questi nostri 150 anni, non poteva esserci regalo migliore.