Premio Internazionale alla Migliore Sceneggiatura Cinematografica – Gorizia, 14, 23 luglio 2011
Migliore Opera Prima
La giuria del festival ha scelto il film Corpo Celeste che trova un’altra conferma importante dopo la buona accoglienza a Cannes e il Nastro d’argento 2011 di Taormina.
La regista Alice Rohrwacher sale timidamente a ritirare il premio sul palco del parco Coronini Cronberg, ma, nel dibattito pubblico successivo al film, spiega con tono spigliato e deciso le spigolose scelte autoriali. Non è facile, infatti – in un film che ha nel suo stile documentaristico e realista il punto di forza maggiore – far vedere un prete che approfitta della sua influenza sulla comunità per “indirizzare” i voti verso il candidato del PdL. Con lui una catechista (Pasqualina Scuncia, bravissima) appassionata e ignorante, per descrivere (con garbo) tutte le contraddizioni della parrocchia e i modi di rapportarsi ai fedeli. Una chiesa che diseduca e uccide brutalmente, anche se di cuccioli di gatto si tratta. Sullo sfondo Reggio Calabria, che è una discarica a cielo aperto. Paesaggi bellissimi che cadono a pezzi, luoghi abbandonati e decadenti, inquinati dall’ immondizia e dall’abusivismo edilizio. Infine, il seno nudo di una tredicenne, mostrato senza il timore delle polemiche che potrebbero scaturire.
La Rohrwacher ha parlato a Mediacritica.it di un film nato dall’idea di un documentario da girare nelle parrocchie calabresi. “Ho vissuto a Reggio Calabria – dice- e ho voluto raccontare la città che ho visto, usandola anche in modo simbolico, per rappresentare la deriva, generale, della contemporaneità. L’ho voluta, tra l’altro, far vedere d’inverno, perché quando al sud è assente il sole, ovvero il calore della comunità, può essere un posto davvero difficile”. E’ il racconto di una migrazione al contrario, dei rapporti tra la Calabria e tanta gente partita anni fa per la Svizzera, che ha avuto la necessità di ritornare. Un descrizione fedele di quello che può accadere in una comunità religiosa. Piuttosto che un attacco, una constatazione di una realtà che esiste e non può essere raccontata se non attraverso una presa di posizione chiara tale da suscitare riflessioni e domande”.
In effetti, Corpo Celeste ha tutta la forza della sua regista. Una forza giovane che può peccare di qualche ingenuità quando alla descrizione della realtà vuole aggiungere sequenze cariche di significati simbolici ma che si pone come un’inaspettata eccezione nel panorama del cinema italiano. Ci sono le capacità tecniche e il coraggio eccezionale (che hanno soprattutto i giovani), di schierarsi apertamente, affidando all’esperienza personale, ma con intelligenza, la certezza di poter raccontare una verità che non può temere giudizi.