Premio Sergio Amidei, Gorizia 14-23 luglio 2011
In punta di piedi
La “bocca storta” è quella caratteristica di Luciano Salce, ed è apparsa sugli schermi nella seconda giornata di programmazione del 30° Premio Sergio Amidei di Gorizia.
Al regista de Il Federale è stato dedicato l’evento speciale che ha visto ospiti il figlio Emanuele e il critico cinematografico Andrea Pergolari autori del documentario L’uomo dalla bocca storta. Luciano Salce rappresenta nel panorama dello spettacolo italiano una figura eclettica e anomala, che proprio per la sua poliedricità è stato considerato dalla critica del tempo con un certo distacco. Emanuele Salce ha ripercorso, attraverso materiali originali e di repertorio, la vita del padre, con l’intento di sottolineare la sua capacità di sfuggire alle etichette, eccellendo sia come interprete che come autore e regista.
A partire dal Teatro dei Gobbi insieme a Franca Valeri e Vittorio Caprioli, per continuare con la regia di film che hanno raccontato pregi e difetti della società italiana contemporanea, senza disdegnare anche una produzione più popolare e “di cassetta”, Salce ha contribuito in maniera decisiva alla storia dello spettacolo italiano con rara ironia e umiltà. Collezionando le testimonianze e i racconti di amici e colleghi, la pellicola riesce a tratteggiare la personalità schiva ma allo stesso tempo generosa dell’artista e dell’uomo Salce, costruendo un percorso che ne restituisce lo spirito e l’eleganza. La sua natura riservata gli ha permesso di sviluppare una forma essenziale di comicità fondata sulla sintesi e la raffinatezza anziché sull’eccesso e la volgarità. Pur essendo un grande protagonista del panorama culturale Salce non ha mai peccato di presunzione e anche sul set, secondo i ricordi di Paolo Villaggio, il suo atteggiamento semplice e mai autoritario riusciva comunque a indirizzare gli attori con precisione e pertinenza a seconda dei casi.
Il documentario in meno di un’ora denuncia la scarsa memoria che avvolge la figura di Salce a vent’anni dalla sua morte, l’intento degli autori non è una rivalutazione ma la volontà di sopperire ad un’incomprensibile indifferenza nei confronti di ciò che ha rappresentato negli anni. E’ quantomeno curioso vedere che nei programmi di repertorio trasmessi dalla televisione pubblica, Luciano Salce sia spesso assente e che anche la critica cinematografica lo abbia a lungo trascurato. Dalla visione del documentario emerge non soltanto il personaggio pubblico ma anche quel privato a lungo nascosto relativo alla sua tragica esperienza sui campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale, che ha lasciato segni sul suo volto singolare e nella sua sensibilità. “Lei sa chi è Luciano Salce?” chiede il figlio agli abitanti della via romana a lui intestata. Il suo film prova a raccontarcelo, con il rifiuto dell’enfasi e quel procedere per sottrazione che era il tratto distintivo della sua indole.
Lisa Cecconi, Andrea Moschioni Fioretti