Un omaggio ai suoi registi
Come dire addio a una saga che ha tenuto compagnia ai suoi spettatori per 10 anni? In questo capitolo conclusivo, David Yates ha pensato bene di fare un breve excursus di ciò che è stato il fenomeno Harry Potter nel corso dei vari film tentando di dare una certa omogeneità, che ovviamente è mancata a causa dei frequenti cambi di regia che si sono susseguiti per tutta la serie.
Se c’è una cosa di cui la trasposizione cinematografica dei libri di J.K. Rowling ha sofferto più di tutto è stato proprio il continuo cambio di regia: Chris Columbus, Alfonso Cuaron, Mike Newell e David Yates hanno diretto i film a loro affidati ognuno con la propria sensibilità, com’è giusto che sia, con il risultato però di avere ambienti e atmosfere ogni volta diversi.
L’operazione di Yates, per questo ottavo capitolo, è stata quella di legare tra loro i vari film, cosicché si potesse vedere il percorso fatto non solo dagli attori e protagonisti, ma anche dagli stessi registi, in una sorta di grande omaggio finale.
La storia si svolge quasi interamente all’interno della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, e questo ci dà modo di avere una panoramica generale dei luoghi dei film, anche se in questa occasione verranno distrutti nella battaglia conclusiva, come il ponte di legno che porta alla scuola, elemento aggiunto da Alfonso Cuaron (regista di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban) e mantenuto anche nei film successivi.
Sebbene nel libro non venga esplicitato ma è solo lasciato intuire, Yates ha deciso di girare la scena della distruzione di uno dei sei Horcrux creati da Lord Voldemort all’interno della Camera dei Segreti, luogo protagonista dell’omonimo libro. Felice è stata la scelta di mantenere la struttura dell’ambiente così come l’avevamo vista sotto la direzione di Chris Columbus, rassicurando lo spettatore sul fatto che i registi che si sono succeduti non hanno stravolto completamente il lavoro dei precedenti, ma ne hanno preso atto e sono progrediti, lasciando comunque una traccia del loro trascorso. In questo modo lo spettatore, conscio del fatto che le diverse regie hanno comportato scelte stilistiche a volte molto differenti, sente comunque che il passato non è completamente perduto e ha la sensazione di aver chiuso un cerchio aperto 10 anni fa.