L’umano gioco del potere
“When you play the game of thrones you win or you die”.
Questa battuta, rivolta da Lena Hadley/Cersei Lannister a Sean Bean/Ned Stark nell’episodio 7, è la perfetta sintesi del concatenarsi degli avvenimenti che caratterizzano la trama di Game of Thrones: il gioco di potere si contrappone fortemente al superato sistema di valori basato su senso del dovere, onorabilità, capacità bellica. Tale vecchia concezione è incarnata in primo luogo da Ned Stark, che si distingue per integrità e trasparenza, e in secondo luogo da Re Robert Baratheon, stessa generazione e formazione, caratterizzato magnificamente nella propria lacerazione, emblema del profondo scarto tra gli ideali della ribellione al Re Folle, e la reale, frustrante difficoltà nel governare anno dopo anno un popolo distante dall’interno di un vero e proprio covo di vipere. Se Ned appare spaesato di fronte all’ambiguità che lo circonda, re Robert non è che un gonfio simulacro del guerriero che fu, ormai consumato dalla rabbia e dedito esclusivamente ai propri vizi.
A questa scala di valori destinata a fallire si contrappongono i nuovi modelli di potere. Innanzitutto la mancanza di scrupoli dei Lannister (soprattutto Cersei e il fratello gemello Jaime), che da un lato usano il denaro in modo spregiudicato e “moderno” (per comprarsi alleati e tenere in scacco il Regno attraverso i debiti), dall’altro perseguono un’inquietante idea di purezza della propria stirpe, che giustifica una progenie incestuosa da difendere ad ogni costo; poi la schiera di consiglieri del re, personaggi dai mille occhi che tessono le reti di alleanze e tradimenti, tra i quali Vyseris l’eunuco si configura come il personaggio più rilevante: in posizione di costante ossequio e di estrema ricettività, è l’unico a possedere una visione d’insieme, che accetta l’eliminazione del “vecchio” in vista del nuovo che avanza nel nome di una pace nominale che appiani gli animi focosi e acquieti almeno superficialmente il malcontento popolare.
A parte si situano Daenerys Targaryen e la sua stirpe di draghi: unica dinastia il cui diritto di governare è sancito da una discendenza soprannaturale, dalla vita di Daenerys dentro il popolo Dothraki emerge come gli cui usi e costumi dei barbari non siano in fondo tanto diversi da quelli degli eserciti dei Lord di Westeros. Non c’è spazio per la purezza d’animo in Game of Thrones, si sopravvive solo facendosi forgiare con coraggio dagli eventi, come i percorsi di Daenerys, Jon Snow, Arya e Bran, tutti personaggi caratterizzati positivamente, dimostrano.