La sottile linea dell’amicizia
Con una strizzata d’occhio al Romanzo Criminale di Placido, arrivano in sala le avventure di una nuova banda, cinque compagni affiatati, alleati fin dai tempi del riformatorio.
Oltre alla “normale” attività di pusher, Manolo, il capo del gruppo, convince gli altri a realizzare una rapina che frutterà una bella somma; peccato che, quella che sembra una cosa da niente si riveli una situazione troppo complessa da gestire, anche se può essere facilmente contenuta in una comune valigetta. Inesperti come la banda de I soliti ignoti, con tanto di riferimento specifico nella sceneggiatura, ma neanche lontanamente paragonabili in fatto di simpatia e genuinità, sono ragazzi che giocano col fuoco. Alla fine, gli scrupoli e le perplessità si fanno strada, tranne nel leader, sempre troppo sballato per accorgersi di essere nel mondo reale. Quest’ultimo ha la faccia da bravo ragazzo, mascherata dalla barba, di Matteo Branciamore, molto in parte, ma inadatto a causa del tono esagerato che dà al personaggio, troppo spavaldo e sbruffone per essere un vero boss, dannatamente maledetto e istrione per i suoi compagni che sembrano seguirlo da bravi sottoposti remissivi ma inquieti. Agitata è anche la cinepresa, traballante, indecisa sulla distanza da prendere, che gioca quindi sul frenetico uso dello zoom, come se si trattasse dell’occhio di una telecamera di sorveglianza. La regia stessa sceglie di seguire lo stato d’animo dei “cinque”, usando un racconto per flash, il rallenti, un montaggio sincopato per le scene a sfondo violenza/droga/sesso, accentuandone la drammaticità. Insieme agisce la musica ad effetto straniante che accompagna i viaggi mentali o quella che contribuisce alla dimensione da videoclip che talvolta sembra assumere l’opera, supportata dai rumori, in scena e non, come il risucchio che segue i cambi di scena più critici, come a sottolineare la caduta libera della banda in una spirale da cui non possono uscire ma solo cadere più in basso. Quello che ne esce è un film che esagera in simboli, dettagli, stereotipi e tecniche, producendo un risultato, degno di rispetto per la sua riuscita nonostante le ristrettezze produttive, ma, purtroppo, troppo “pieno” per convincere.