Crisi di fede ai tempi delle streghe
L’uomo e la sua fede nelle azioni che compie in nome di Dio e della Chiesa, questo è ciò che tenta di raccontare L’ultimo dei templari, pellicola ambientata al tempo della crociate e della Santa inquisizione.
Behmen e Felson sono due formidabili cavalieri crociati inviati in Terra Santa a combattere gli infedeli sotto gli stendardi della Chiesa. La decisione dei due di lasciare l’esercito, dopo l’ennesimo inutile spargimento di sangue, li porta ad essere considerati disertori e per questo fuorilegge; la loro cattura li porta ad accettare, pur di evitare la pena capitale, il trasporto di una ragazza, cui pende l’accusa di stregoneria. I dubbi sull’innocenza della giovane saranno sempre maggiori…
Il film si concentra, soprattutto nella prima metà, sui dissidi interiori dei suoi personaggi, schiacciati dalle proprie esistenze e incapaci di percepire lucidamente la realtà. La ricerca della ragazza all’interno dei cunicoli delle fosse comuni diventa una lotta dei singoli cavalieri dentro sé stessi; riuscire a districarsi dal proprio labirinto interiore, formato da dubbi ed incertezze di un passato non troppo lontano e non ancora concluso, sembra impossibile. La nebbia, elemento scenico ricorrente negli esterni, diventa qui espressiva, capace di estraniare i protagonisti dagli eventi, rinchiudendoli all’interno di un limbo onirico dove le proprie ossessioni si materializzano.
Peccato però che il film a lungo andare incominci a prendere una brutta piega, dove le incertezze dei personaggi e le sospensioni narrative vengono affogate all’interno delle più ovvie logiche horror/action. I contrasti interiori vengono appiattiti, non ci sono più dubbi, ma solo certezze. E la fede in Dio diventa obbligatoria se non si vuole soccombere dinanzi al demonio di turno.
Chiariamoci, fin dall’inizio sappiamo che il film prende per vera l’esistenza delle streghe, il prologo ne è l’esempio, però cadere nell’immaginario più classico dei film demoniaci, compresa la presenza di monaci purulenti e zampettanti sul soffitto di un monastero, rovina quanto di buono si era riuscito a creare in precedenza.