L’ultima estate
Prima della guerra, l’estate è ancora estate, per davvero. Con i bagni al fiume, le sere stellate, gli amori improvvisi, le biciclette, le giostre per bambini. E, se qualcosa comincia a scricchiolare, è un rombo lontano che si ignora facilmente. Con il suo ultimo film, Cirkus Columbia, Danis Tanovic torna in Bosnia, poco prima che il conflitto abbia inizio.
Dopo aver riassunto l’intero scontro jugoslavo nella trincea di No Man’s Land, Tanovic racconta il “prima”, usando come metafora un piccolo villaggio della Bosnia Erzegovina, e concentrandosi su una sola “famiglia”, quella di Divko, rientrato nel paesello natio dopo vent’anni di esilio in Germania. Non c’è più il comunismo e, finalmente, i soldi fanno la felicità, o almeno così crede Divko. Mercedes e fidanzata rosse fiammanti e tasche piene di marchi tedeschi, Divko caccia di casa la prima moglie e il figlio mai conosciuto, s’installa di prepotenza nell’appartamento, si compra la benevolenza e l’approvazione del paese.
Tanovic racconta l’estate del 1991 con i toni leggeri e i colori accesi di una commedia anni Cinquanta, lasciando che il pubblico si dimentichi la catastrofe incombente. Ma dissemina la vicenda di indizi su quello che verrà, a cominciare dall’incomprensione irrisolta tra Divko e la prima moglie Lucjia, entrambi convinti di essere stati abbandonati l’uno dall’altra. Dà un senso di vertigine, a noi spettatori dotati del senno di poi, osservare la serenità inconsapevole con cui i personaggi si avvicinano alla guerra, perdendosi nella ricerca notturna di un gatto portafortuna, mentre a pochi chilometri si bombarda Sarajevo.
Poi, con la repentinità caratteristica della Storia, in una notte tutto precipita: il migliore amico indossa un’uniforme e improvvisamente ogni memoria dell’estate e dei tuffi insieme al fiume scompare. Nello stesso tempo, le rivalità familiari, gli amori e i tradimenti fino ad ora protagonisti del racconto, perdono d’importanza, e la famiglia martoriata ritrova, di fronte al pericolo, un’unità sconosciuta.
E’ un film dalle molte letture, Cirkus Columbia: mentre, oggi, gli orrori balcanici tornano d’attualità, con Mladic finalmente arrestato e costretto a rispondere all’Aja del genocidio di Srebrenica, sembra facile, per lo spettatore, riconoscere i primordi del conflitto jugoslavo nell’incomunicabilità dei personaggi di Tanovic. Nello stesso tempo, la narrazione scorre liscia, punteggiata di ironia – quando non di vero e proprio divertimento – e quell’estate del 1991 assomiglia a tutte le altre estati del mondo, senza nuvole a turbare l’orizzonte. E se anche questo continuo cambio di registro può lasciare disorientati come dopo un giro di giostra, Cirkus Columbia restituisce ottimamente l’imprevedibilità della Storia. Di ieri, e di oggi.