La ricerca della luce
Un’opera di gusto epico che racconta, attraverso i pensieri e le parole e i ricordi di un adulto, il suo percorso di vita: dove la sofferenza si alterna alla costante ricerca di un’illuminazione divina.
Terrence Malick, regista controverso, ritorna finalmente sugli schermi con un film sul significato della nostra esistenza. Tree of Life parte dalle parole bibliche del profeta Giobbe, la quale fede era stata messa più volte alla prova, a causa della perdita delle persone care, della malattia, delle tentazioni di Satana. Così Sean Penn, ormai uomo di potere dentro ad una foresta di grattacieli secolari, torna con la mente a ripercorrere l’infanzia e la sua durezza. Un padre ( Brad Pitt) autoritario e che vive secondo “lo stato di natura” e una madre angelica, che invece è in grado di vivere secondo “lo stato di grazia”. Con le immagini, sempre diverse, sempre incredibili, Malick ci conduce attraverso la storia personale (ed universale) del protagonista: l’innocenza della sua prima infanzia è interrotta dalla consapevolezza dell’arrivo del fratellino, e così mentre ancora bambino gioca con “l’arca di Noè” viene tentato per la prima volta dall’invidia per qualcuno. La vita è una costante ricerca e protesa verso la luce, gli uomini come gli alberi sono ripresi dal basso, nella loro protesa verso l’alto, sotto il riflesso continuo di una luce abbagliante. La prova più dura sarà la morte del fratello, unico insieme alla madre ad essere nello “stato di grazia”, che il protagonista non puo’ raggiungere. È vessato invece dalla propria “presunta” malvagità, e ha una paura costante del peccato. Come in Siddharta è l’acqua il simbolo di purificazione, è grazie a questo flusso eterno delle cose che è possibile una salvezza finale, nonostante ci si ritrovi nel deserto della solitudine e della dimenticanza. Trovare un’aldilà (qualsiasi sia la religione per Malick) significa approdare in un luogo dove l’amore è infinito e gli individui sono dotati di comprensione. Quest’opera ambiziosissima e complessa, fatta di immagini stupende alla Baraka, è divisa come una sorta di 2001: Odissea nello Spazio in tre parti: origine della vita, esistenza, aldilà. Ma l’unione di filmati da National Geographic e parti recitate stride, diventa pomposo e i pochi dialoghi, sebbene in grado di unire il racconto, danno l’impressione di una solennità di pensiero, da predica divina che nonostante sincera, non rivela nulla di nuovo.