INEDITO – FRANCIA 2009
Il lato estremo della vita
Il film, mai uscito nelle sale italiane e proposto da Fuori Orario (Rai Tre) venerdì 13 maggio, racconta la storia di un amore mistico e ossessivo. Céline non si protegge dal freddo e si priva di qualsiasi nutrimento.
Per questo viene allontanata dal monastero nel quale studia per prendere i voti, e torna a Parigi nella casa dei ricchi genitori per ritrovare Dio nel mondo e non nelle isolate mura del convento. Conosce Yassine, giovane di fede islamica, e il fratello Nassir con il quale instaura un rapporto di profondo rispetto e complicità. Entrambi vivono la propria fede in maniera completa, profonda e totale. Amare Dio, e sentire la necessità sia fisica che spirituale della sua presenza e del suo amore porta entrambi al sacrificio. Céline rinuncia al materiale praticando l’ascesi, e desidera continuare ad amare il Signore diventandone sua sposa; Nassir è un islamico estremista, braccio armato di Allah, ma allo stesso tempo pacato e razionale. In entrambi i casi Dumont propone una visione della fede estrema e totale, ma ben lontana dal fanatismo. È un’ossessione vissuta con il cuore, con il corpo, ma anche con la convinzione della mente.
La mortificazione del corpo attraverso la rinuncia, ed il proprio sacrificio come braccio armato di Dio non sono le scelte di un fanatico drogato ed indottrinato. Nassir -magnifico affabulatore- ha il profilo di un pacato e convinto mentore, e parla a Céline come se fosse il profeta di una nuova verità.
Nassir è razionale e fedele, e il suo infuocato desiderio di agire ha radici profonde e stabili; pare ben diverso da Céline che nella fede ha la sua forza ma anche la sua debolezza. La ragazza soffre fisicamente, ed è disperato il bisogno dell’amore di Dio. Ed è per l’assenza di questo amore che rischia la vita.
“Penetrata d’amore, ti saluto amore. Sono impertinente e fiera. Voglio vincere la tua potenza a rischio di soccombere e morire”. Questa è la preghiera iniziale di Céline, che poi, logorata nel corpo, decide di morire immergendosi nelle acque torbide di un laghetto vicino al convento nel quale doveva prendere i voti. Una scelta estrema presa sulle basi della disperazione e del dolore, e che la porterebbe ad una morte da peccatrice, lontana dai dettami del Signore.
Cèline, ritratta numerose volte dai lunghissimi primi piani di Bruno Dumont come una santa, con gli occhi al cielo e il viso inondato di luce, o come una martire, con le guance rigate dal pianto, si abbandona al dolore di questa assenza e sceglie la morte. Uno straniero, un reo, un “altro”, un “diverso” che alterna il carcere al suo lavoro al monastero la farà riemergere purificandola e dandole prova della presenza e dell’amore del Dio di cui ha bisogno.
Questo slancio mistico, questa astinenza estrema e quasi folle, e questa vita immolata totalmente al Signore dunque non sono martirio. È una vita segnata da questo profondo sentimento d’amore per la religione e per il dio del quale si è perdutamente innamorati. Il coraggio di questa pellicola sta proprio nell’avvicinare due credi, che per altri motivi sono sempre stati tenuti fieramente lontani da parte dell’Occidente e degli occidentali, attraverso lo stesso amore perduto e disperato per il proprio dio.