Algeria, 1945-1962
Uno dei momenti rimossi della storia francese è il massacro di Setìf, dove nel 1945 i soldati e i coloni francesi uccisero, secondo le stime, circa 20.000 algerini, scesi in piazza per chiedere maggiori diritti dopo il contributo e i sacrifici dati in guerra.
Uomini senza legge parte proprio da questo drammatico momento per raccontare la storia di tre fratelli legati a filo doppio con la storia della “rivoluzione algerina”, la guerra, iniziata ufficialmente nel 1954 con la fondazione del fronte di liberazione nazionale, con la quale il paese nel 1962, lasciando sul campo un milione di morti, ottiene l’indipendenza da Parigi.
Il film si propone innanzitutto di essere un “saggio storico di fiction”, che cerca di avere una visione più esaustiva possibile degli eventi: lo dimostrano, quasi una dichiarazione d’intenti, le scene iniziali e finali in cui scorrono rispettivamente le immagini di repertorio della festa per la liberazione francese, in bianco e nero con il solo tricolore colorato, e quelle della celebrazione per l’indipendenza algerina, sempre con solo la bandiera del neonato paese a colori. Vediamo perciò, anche grazie all’utilizzo di documenti radiofonici e televisivi di quegli anni, i personaggi, i gruppi e le istituzioni protagoniste di quella vicenda, con riferimenti non sempre immediati per spettatori non transalpini. La narrazione è dichiaratamente, e inevitabilmente, partigiana, il film si conclude infatti con il primo piano della bandiera algerina, ma non manichea, e la cinica real-politik, con i conseguenti spargimenti di sangue, seguita dal FLN., è chiaramente rappresentata.
Questa ricognizione storica è però veicolata dalle vicende dei tre fratelli, diversi, ma tutti e tre partecipi, a modo loro, alla lotta per l’indipendenza della nazione nordafricana: si toccano così temi come il vincolante senso di appartenenza alla famiglia, e lo scontro, tragico ma necessario, tra esso e gli obblighi portati dalla Storia, argomenti che rimandano a suggestioni alte come la tragedia elisabettiana.
Il tutto è raccontato attraverso il cinema noir, soprattutto per quanto riguarda luci e atmosfere, e a quello gangsteristico, ma il riferimento più consono, nonostante una maggior asciuttezza stilistica, è forse quello con un certo tipo di “romanzone” storico hollywoodiano, da cui prende le cadute nel didascalismo e qualche eccesso di retorica.
Nonostante i presupposti di grande interesse, il film non ha l’impatto che ci si poteva attendere; il problema sta nello stile del regista, tecnicamente ineccepibile, però piatto e senza guizzi, che impedisce alla tragicità della vicenda, sia quella storica che quella familiare, di emergere in tutta la sua compiutezza, e alla vicenda di avere quella tensione mostrata da Pontecorvo che fa sì che ancora oggi La battaglia di Algeri sia insuperato.