…e senza identità
Un pertinente accostamento potrebbe esser fatto tra Uomini senza legge di Rachid Bouchared e Il profeta di Jacques Audiard, due pellicole uscite in questi ultimi anni.I due non hanno in comune solamente aspetti “anagrafici” (nazionalità, durata e partecipazione al Festival di Cannes), essi rivelano di essere entrambi film di genere, ma allo stesso tempo anche d’autore.
Tutti e due sono gangster movie, riflettono sugli stessi temi seppure i plot sembrerebbero suggerire il contrario: la pellicola di Bouchared narra la vita di tre fratelli algerini, facenti parte di un’organizzazione politica e terroristica in lotta per liberare la propria nazione dalla colonizzazione francese; Audiard invece ci racconta di Malik, ragazzo anche lui algerino, capace di scalare i gradi della malavita all’interno di un carcere, imparando il necessario per sopravvivere.
I due film chiaramente riflettono su alcuni dei temi più sentiti in Francia: l’integrazione delle razze e lo scontro tra culture. Uomini senza legge sceglie un approccio estremamente problematico, dove non esiste un punto d’incontro ma solo un’escalation di violenza sempre maggiore; i protagonisti non possono smettere di lottare, nemmeno alla fine.
Il Malik de Il profeta invece preferisce adattarsi all’ambiente estraneo, guarda e impara dai capi della mafia corsa, la sua fortuna è proprio quella di riuscire a penetrare nel sistema da esterno.
Le due pellicole mostrano di essere contrapposte nell’impostazione generale, una di ampio respiro, capace di riprendere quasi nella totalità lo spazio in cui si svolgono le vicende, l’altra claustrofobia, rinchiusa all’interno delle celle che limitano sia lo sguardo del protagonista che dello spettatore.
Audiard conferma di avere una grande padronanza del linguaggio cinematografico (le sue scelte registiche ci aiutano a comprendere pienamente il personaggio di Malik) e la capacità di mantenere un identità fortemente autoriale. Bouchared invece sembra non avere un’idea precisa di che film realizzare, chiara è la volontà di rappresentare un affresco sulla lotta per l’indipendenza di un popolo, ma il desiderio di rendere un gangster movie ricco di spettacolarità tende a portare squilibri ritmici all’interno del racconto; se in più ci aggiungiamo riferimenti che vanno da Leone a Coppola e da De Palma a Mann, il risultato sembra non avere un’identità propria.