C’è qualcosa di estremamente sottile che unisce la storia contemporanea al cinema. Si è sostenuto più volte come l’11 settembre (e le sue conseguenze) abbia sortito nel cinema americano una sorta di “spasmo” dell’immaginario, torcendo la linea hollywoodiana dei blockbuster e dei prodotti sicuri verso una strana, ancorché appassionante, configurazione narrativa e simbolica.
Ora che sono passati dieci anni, che persino Osama Bin Laden è (forse) stato ucciso, che alla Casa Bianca c’è un presidente afroamericano, che il mondo arabo si rivolta laicamente, che tutto è insomma mutato, Hollywood ricomincia la sua marcia verso la rimediazione delle nuove tecnologie.
Il 3D è stato il primo passaggio, la digitalizzazione delle sale il secondo, il ritorno in massa della fantascienza il terzo. In quest’ultimo caso, poi, sembra tutto chiaro. La fantascienza interviene nei momenti storici in cui si ha la possibilità di immaginare le utopie (e il loro contrario, le distopie), l’horror domina nelle fasi storiche ansiogene e sanguinose (come è stato nel primo decennio degli anni Zero).
Ed ecco ritornare l’ossessione tutta statunitense per il contatto, il ponte, il cunicolo che porta dalla fantasia al reale; e ritorno. Tron, inteso come remake, immagina appunto un corridoio virtuale nel quale i personaggi fatti di stringhe matematiche possono materializzarsi nel nostro mondo. Thor propone che sia un universo leggendario fatto di immortali e supereroi a spedirci sulla Terra i suoi frutti grazie a un flusso di energia spaziale. Source Code inventa uno spazio cerebrale che permette di infilarsi in un pertugio verso il passato di una realtà alternativa. E non parliamo poi di serie tv come Fringe dove l’orlo tra i mondi paralleli è continuamente scavalcato grazie a finestre pericolosamente spalancate.
Insomma, siamo sempre al confronto binario tra mondi della fantasia e mondi che dovrebbero somigliare a quello che abitiamo. Ma se gli universi fittizi (siano essi archetipi del videogame, del fumetto o della realtà alternativa) appaiono spesso affascinanti, per ora è il nostro mondo a essere messo in scena senza fantasia. Forse bisogna invertire il cannocchiale, e mostrarci – noi – come abitanti di una società in perenne mutamento.