FilmForum Udine/Gorizia 5-14 aprile 2011
Female porn
Il porno è maschilista? Molte femministe, della vecchia e della nuova guardia, risponderebbero “sì” senza esitazioni.
In particolar modo, la nota femminista americana Catharine McKinnon, sostenitrice del movimento Women against pornography, non ha dubbi: la pornografia non è la rappresentazione di una discriminazione sessuale, la pornografia è discriminazione sessuale, punto e basta, e in quanto tale dev’essere combattuta, eliminata, abolita, anche attraverso azioni legali.
McKinnon non ne fa certo un discorso di pubblica decenza o di offesa al pudore: a suo dire, la pornografia, non solo propaga un’immagine della donna sottomessa al desiderio maschile, ma, in quanto prodotto dedicato espressamente agli occhi degli uomini, si fa strumento di una prevaricazione del femminile all’interno della società.
Nell’ultima giornata del FilmForum, la dottoressa Emiliana Galiani dell’Università di Bari si è occupata di analizzare questo tema, tutt’altro che univoco, osservando le posizioni di McKinnon da un punto di vista prettamente linguistico. L’idea della femminista americana, infatti, presuppone che l’intenzionalità dell’immagine pornografica (l’asservimento del genere femminile al piacere maschile) produca un effetto, una conseguenza nella realtà quotidiana. Galiani mette in luce come, innanzitutto, sia impossibile identificare nella pornografia la visione unilaterale di un dominio maschile e di una subordinazione femminile: molto banalmente, esistono produzioni pornografiche nelle quali la donna è in un contesto paritario rispetto all’uomo e che sanno trasmettere la gioia di una sessualità condivisa ed appagante.
Ma, aldilà di questa semplice constatazione, Galiani sottolinea un’altra verità: la pornografia è un prodotto di finzione, e le reazioni di un pubblico davanti a un oggetto finzionale possono essere varie e imprevedibili. Una persona, a prescindere dal genere sessuale cui appartiene, può apprezzare oppure no un film pornografico, e non c’è modo di prevedere in anticipo la risposta di ogni singolo spettatore. Dipende dal contesto, dal tipo di film in questione e, più di ogni altra cosa, dall’individualità di chi guarda.
Ed è qui che la questione si fa ancora più spinosa. Verena Chiara Kuckenberg, dell’università di Graz, ha condotto uno studio, presentato durante il convegno di Udine/Gorizia, dedicato al cosiddetto female porn, o porn for women. Com’è facile intuire, l’universo del porno, femminile e non, è straordinariamente variegato e composito, e le tipologie di film si sovrappongono e contaminano tra loro. Tuttavia, Kuckenberg ha identificato una serie di caratteristiche proprie di quello che viene definito “porno per donne”: contesto narrativo e personaggi più realistici, una maggior naturalezza nella rappresentazione dei rapporti sessuali, una certa qualità tecnica di fotografia e regia, nel tentativo di raggiungere un maggior coinvolgimento delle spettatrici. Sono banditi i “money shot” e il sesso anale, così come i protagonisti stereotipati e i clichè; non guasta una cornice romantica e passionale. Kuckenberg ha individuato alcuni lavori che presentano queste caratteristiche e li ha sottoposti a un campione di donne, chiedendo loro cosa ne pensassero.
Ecco la sorpresa: i film che più corrispondono all’identikit del female porn non hanno riscosso, tra le donne, l’approvazione prevista. Le pellicole più apprezzate sono quelle della regista Erika Lust, che è sì un’esponente ormai famosa del porn for women, ma che, spesso, mostra money shot e rielabora i clichè del porno mainstream.
Non sfugge come, a giudicare dalle proprietà del “porno per donne” individuate da Kuckenberg, questo particolare tipo di cinematografia hard possa essere identificato con la definizione di “porno politically correct”. Insomma, nel tentativo di sovvertire gli stereotipi di un genere che, soprattutto nella fruizione, è prevalentemente maschile, si finisce per cadere nello stereotipo opposto: quello secondo cui la donna vive il sesso solo se romantico, affettivo, “pulito”.
In definitiva, è sempre una questione di immaginario, ancor più per una materia come la pornografia, che si nutre di fantasie e desideri tanto intimi e personali. Un pregio del “female porn” è indubitabilmente la ricerca di una qualità visiva che si distacchi dall’estetica “smarmellata” e finta del porno tradizionale. Ma chi ci dice che anche gli uomini non preferirebbero guardare porno qualitativamente migliori?
Come si è detto nella discussione che è seguita agli interventi del workshop, forse più che concentrarci sul confronto fra porno mainstream e porno per donne, dovremmo preoccuparci di quello tra film di buona qualità e lavori di pessima fattura. E, chissà, prima di andare a cercare le radici della discriminazione femminile nella pornografia, sarebbe il caso di concentrarci sulla realtà quotidiana: se non fosse necessario applicare etichette di genere in qualunque contesto, ognuno di noi, maschio o femmina che sia, potrebbe vivere la propria sessualità come preferisce, libero da stereotipi e pregiudizi.