FilmForum Udine/Gorizia 5-14 aprile 2011
Filmini di Stefano Ricci
Si conclude con Filmini di Stefano Ricci, disegnatore e docente dell’Università di Udine, l’ultima serata di proiezioni al FilmForum di Gorizia;
una serie di piccoli video realizzati dall’artista che hanno per protagonisti i più disparati soggetti, da statue etrusche a cataste di legna, da paesaggi innevati a polli allo spiedo.
Di breve durata, che può variare da pochi secondi a qualche minuto, quelle ritratte sono azioni semplici, minimali, che provocano nello spettatore molte reazioni, più facilmente il riso, frutto di un raffinato umorismo e nonsense. I titoli dei singoli filmati sono un bell’esempio di come siano stati realizzati senza pensarci troppo, rivelandone la natura spontanea e allo stesso tempo ironica.
Il suo lavoro può esser definito impressionistico poiché la realtà viene percepita con occhio vergine. Ciò che è ripreso non viene elaborato: lo sguardo dell’autore rimane affascinato da ciò che sta guardando e Filmini rivela lo stupore quasi fanciullesco di fronte alle cose del mondo, che vengono ritratte come se fosse la prima volta. Questa visione ricorda le prime riprese dei Lumiére, non solo per l’uso del mascherino sull’immagine, ma anche per la capacità di rappresentare ontologicamente la realtà. Il nuovo mezzo permetteva di sperimentare modalità di visione che fino a prima erano impensabili e lo stesso accade con Ricci, come per esempio l’uso di riprese all’interno dell’auto, che sono molto simili a quelle realizzate in movimento dai primi cineoperatori.
Si assiste al passaggio dal disegno, che è tuttora il mezzo espressivo più vicino al precinema, al live action: forse è proprio per questo che l’estetica di Filmini richiama fortemente le origini del cinema, quando le immagini non erano ancora condizionate dalla cultura cinematografica.
Scegliere di proiettare Filmini a seguito di Game Over (di Federico Ercole e Alberto Momo) suggerisce la voglia di mantenere una certa continuità tra quello che potrebbe esser definito precinema e quello che oggi chiamiamo post-cinema.
Barbara Busato, Massimo Padoin