FilmForum Udine/Gorizia 5-14 aprile 2011
Michele Sambin
All’interno del ciclo di proiezioni del Filmforum 2011, sono stati proiettati alcuni dei lavori di due dei più importanti video-artisti italiani attivi negli anni ’70.
Il primo a presentare le sue opere è stato Michele Sambin, pittore e musicista veneto che ha trovato nella pellicola super8 e 16mm il mezzo perfetto per unire le altre due arti di cui è appassionato.
“Fare cinema è una necessità” afferma l’artista, introducendo Laguna, un corto di 30′ del 1971 proiettato in anteprima nazionale e restaurato nel laboratorio CREA – La camera ottica del Dams di Gorizia. Diviso in tre parti, ognuna introdotta da una ragazza la cui voce è sostituita da uno strumento a fiato, scelta come dichiarazione della propria poetica di un cinema pittorico-musicale e non narrativo, il corto mostra Venezia prima in maniera oggettiva, senza sincronia tra immagini e suoni, poi in maniera emotiva, con suoni stridenti che accompagnano la degenerazione del paesaggio di Marghera, e infine in maniera utopica/creativa, dove le persone sono libere di esprimersi con colori e sculture in legno a passi di danza.
Tob&Lia unisce due cuccioli, un cane e una bambina, che mai si sono incontrati nella realtà e che invece, grazie alla sovrapposizione delle pellicole, sembrano giocare insieme, in una simbiosi possibile solo sul piano figurativo dello schermo.
La serata prosegue con un evento live, in cui lo stesso Sambin accompagna il corto Film a strisce (le petite mort) del 1976, esibendosi col suo sax alto. Un intenso lavoro in macchina, ovvero senza alcun effetto in post-produzione, permette di ottenere un “orgasmo di immagini” con 7-8 sovrimpressioni parziali, rese grazie all’utilizzo di una distanza focale minima e di alcune mascherine con fessure davanti all’obiettivo. Al termine del breve corto l’artista continua a suonare per andare oltre l’astrazione e raggiungere quindi un’esperienza trascendentale e regalandoci un’improvvisazione di free-jazz.
Vi si contrappone l’ultimo corto, Diogene, incipit di un film mai realizzato sul senso dell’esistenza, in cui è protagonista lo stesso autore abbandonato dalla compagna e dove l’attenzione è focalizzata sull’intenso lavoro di montaggio in post-produzione. Non vi è alcun suono: sono le stesse immagini a suonare.
Sono opere, quelle di Sambin, in cui traspare la voglia di sperimentare e di cercare nuove strade per unire cinema, musica e pittura. Rimangono però lavori che necessitano del loro autore e delle sue parole per esser compresi ed apprezzati appieno.
Daniela Bressanutti, Edoardo Peretti