E’ stato detto che con Liz Taylor se n’è andata l’ultima vera diva della Hollywood classica. C’è del vero, purtroppo.
Sebbene ormai snobbata e precipitata nel ridicolo a causa di tutti i suoi matrimoni, delle bizzarrie e delle posizioni pubbliche capricciose, la Taylor va ricollocata – ora che non è più tra noi – in quella Hollywood anni Sessanta che cercava di sopravvivere all’ondata di rinnovamento dell’industria cinematografica. In qualche modo Liz Taylor era (già all’epoca) “l’ultima delle dive”, poco prima che giungessero altri volti maggiormente in grado di catalizzare il pubblico rinnovato della New Hollywood, da Jane Fonda a Candice Bergen, da Jill Clayburgh a Diane Keaton, volti ben più metropolitani e vissuti. Facile affermare che se Liz avesse incontrato lo stesso tragico destino di Marilyn, sarebbe stata presto promossa nell’empireo delle star. E invece le dive che invecchiano – medesima sorte avrebbe atteso la Monroe ovviamente – finiscono tutte con l’essere al tempo stesso tenute in vita e umiliate dai mass media. Matrimoni, divorzi, crisi e sfuriate fanno sempre notizia, ma intanto si mette in evidenza il declino di un jet set sempre più triste e decrepito.
Un’ultima zampata, però, Liz, l’ha riservata, in stile Viale del tramonto. Ha fatto giungere il feretro in ritardo al funerale, secondo precise indicazioni scritte sul testamento. Idea straordinaria: ribadire la propria superiorità, la consueta capacità di dominare sul prossimo, sull’interlocutore, sugli astanti e sugli uomini, facendo attendere tutti all’appuntamento finale. Non si può che ammirarla per questo. Addio, Liz. Addio, Hollywood classica.