Modelli familiari
Cinema indie spesso è sinonimo di tematiche sessuali, sociali, familiari almeno in apparenza anticonformiste e di una più efficace, o verosimile, descrizione della realtà statunitense, in confronto a molti film mainstream contemporanei.
Perciò, se negli anni futuri si parlerà ancora della commedia I ragazzi stanno bene non sarà per particolari meriti estetici, ma per la scelta, non biasimabile, di mostrare una coppia di donne gay, borghesi e benestanti (Julianne Moore, Annette Bening), alle prese con le difficoltà della vita insieme, dall’infedeltà all’educazione dei figli adolescenti, la timida diciottenne Joni e il fratello minore Laser, interpretati da Mia Wasikowska e Josh Hutcherson.
A interrompere la routine di questa famiglia non disfunzionale – i protagonisti di Little Miss Sunshine erano decisamente più nevrotici e inquieti – l’incontro con il simpatico, sorridente sciupafemmine Paul (Mark Ruffalo), padre biologico di Laser e Joni, e i suoi tentativi di instaurare un rapporto con i ragazzi. Le inevitabili difficoltà di comunicazione che si generano tra i personaggi, il sentimentalismo buonista, la comicità tutto sommato innocua, di cui però fa le spese soprattutto l’umile e un po’ ebete giardiniere sudamericano, sembrano indirizzare I ragazzi stanno bene verso un pubblico giovane e di poche pretese. La coppia di attrici principali e l’omaggio a Joni Mitchell nella sequenza più riuscita del film possono conquistare, invece, il consenso di un target secondario di mezza età, progressista e colto.
La Bening si esibisce più volte in impagabili alzate di sopracciglio, mentre alla Moore è concessa l’immancabile scena di pianto. La sceneggiatura, scritta dallo Stuart Blumberg di Tentazioni d’amore con la regista Lisa Cholodenko, prevede dialoghi disinibiti in campo-controcampo, spiritosi ma banali. A dare ritmo alla storia il montaggio di J.M. Werner, rapidissimo soprattutto nella prima parte, con inquadrature della durata di pochi secondi.