INEDITO – USA 2004
Viaggi low cost
Sai la storia di come la NASA abbia speso milioni di dollari per sviluppare quella penna che scrive in assenza di gravità? L’hai mai letta? – Si. – E sai come la Russia ha risolto il problema? – Si, hanno usato una matita. – Esatto, una normale matita di legno.
Due ingegneri, che hanno inventato qualcosa simile ad un superconduttore, scoprono per caso la possibilità di usare quella “scatola” come macchina del tempo. Ma è possibile tornare indietro nel passato senza modificare presente e futuro? Quanto è rischioso interferire con la vita dei propri doppi?
Che viaggiare nel tempo fosse “imprudente”, lo aveva già detto, nel 1943, René Barjavel, scrittore di fantascienza, il quale ipotizzava che se un nipote tornasse indietro ed uccidesse suo nonno potrebbe rischiare di non nascere. Da qui, il celebre monito del Dott. Emmett Brown, in Ritorno al futuro, che riteneva il possibile incontro con “l’altro se stesso” un grave paradosso temporale dalle conseguenze disastrose. In seguito, la fantascienza si era per lo più adeguata a questa supposizione e la “censura cosmica”, di cui parlavano Stephen Hawking e Roger Penrose, era stata applicata anche al cinema nonostante decine di variazioni sul tema avevano provato a dare una loro interpretazione al “paradosso del nonno”. Basta ricordare Rotta verso la Terra, Timecop, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, Frequency, Donnie Darko ed ancora Lost, FlashForward.
Si può forse accusare Primer di non aggiungere molto al dibattito fantascientifico degli improbabili viaggi nel tempo, ma Shene Carruth, pur muovendosi su strade già percorse, riesce in un film affascinante con peculiarità difficilmente riscontrabili nel cinema sopracitato. Inventa un’opera costatagli 7000 dollari (una matita di legno in confronto alle “penne spaziali” prodotte da Hollywood) e lo fa con gli strumenti a lui più familiari (è il primo film di un ingeniere matematico) restituendo al pubblico una visione scientifica, autentica, ossessivamente volta alla ricerca di un realismo inoppugnabile anche quando costruisce una macchina del tempo con una marmitta catalitica o i tubi di un frigorifero. Le conversazioni, a volte tronche, prive di senso (al momento), dispettosamente ermetiche e quasi incuranti dello spettatore, non sono mai un gioco compiaciuto ma hanno il compito di ricondurre ogni piccolo tassello disordinato ad un puzzle da ricostruire, atteverso un linguaggio visivo non convenzionale ma in grado di essere funzionale alla storia. La suspence è creata da gesti apparentemente casuali, da brevi domande irrisposte; pause, silenzi e sguardi che con la stessa spontaneità svelano il rompicapo o ci prendono in giro costringendoci sempre alla massima concentrazione. Così, la storia della NASA, che Carruth racconta nel film, è in realtà una bufala, l’unico pezzo fuori dal mosaico per sottolineare con un pò d’orgoglio come è possibile essere creativi con pochi mezzi in un genere che oggi più che mai si rifugia in effetti speciali, 3D, spendendo milioni di dollari in ciò che non è essenziale, a discapito di fantasia ed immaginazione.