La retorica del “tratto da una storia vera” copre in realtà un universo vastissimo di vicende e casi umani. Questa settimana sono usciti – e noi di Mediacritica li recensiamo con attenzione – due film che più diversi non si potrebbe, The Fighter e Il gioiellino.
Nel primo caso, la storia vera riguarda il pugile Mickey Ward e, pur nel contesto di un boxe movie americano classico, le fonti audiovisive sono abbastanza rispettate, dal documentario HBO sul fratello tossico di Mickey via via fino ai combattimenti, di cui raccomandiamo la visione su You Tube (eccezionali e commoventi, per gli appassionati di pugilato, specialmente quelli non raccontati dal film di Russell, tra Ward e Gatti). Nel secondo caso, il crac Parmalat si nasconde dietro pseudonimi e sostituzioni onomastiche, visto che il processo Tanzi è ancora in corso e che le querele sono sempre in agguato. Qui la storia vera non ha un passato “iconico” cui rifarsi, se non le facce tristi degli imputati nelle cronache tv dei processi.
Il resto è immateriale, è truffa contabile di un’industria a carattere provinciale, quanto di meno epico ci possa essere. E Il gioiellino deve dunque ridare corpo all’immateriale, trovare soluzioni visive a ciò che riguarda i gorghi del potere e delle segrete stanze. Come finisce il match tra Fighter e Gioiellino? Agli spettatori (e ai nostri recensori), lasciamo il compito di stabilire il vincitore. Basti qui dire che nel primo caso ci si rifà al realismo anni ’70 e al Metodo (quello utilizzato da Bale e dalla Leo) e nel secondo alla tradizione civile, con una spruzzata di grottesco. Chi pensa però che il cinema americano sia un cinema “di produzione” e quello italiano “autoriale” si sbaglia. Mai come questa volta si sente, anche da noi, l’impronta della “casa”, qui la Indigo Film che – legittimamente, s’intende – indirizza Molaioli sulle tracce di Sorrentino e propone uno stile produttivo ormai riconoscibile (da Teho Teardo alle musiche alla presenza di Servillo). Un bene o un male? Lo capiremo tra qualche anno.