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Il gioiellino

lunedì 7 Marzo, 2011 | di Andrea Moschioni Fioretti
Il gioiellino
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Bigiotteria
Una cosa manca al nuovo film di Andrea Molaioli Il Gioellino, il coraggio. Il coraggio di parlare del crac Parmalat senza usare i veri nomi e i veri protagonisti di uno dei tracolli finanziari più clamorosi avvenuti negli ultimi anni nel nostro Paese, non ammettere di non essere pronti per narrare simili fatti e dare a Toni Servillo un ruolo da antagonista.

L’idea di un film sulla “banda” Tanzi e sulle sue malefatte era sembrata, fin dalle prime indiscrezioni sulla stampa, una ghiotta occasione per rispolverare il bel cinema italiano di denuncia, che portava le firme di autori come Petri e Rosi. Molaioli, che con il suo esordio La ragazza del lago, aveva in qualche modo regalato un “gioiellino” alla triste parata dei film italiani alla mostra del cinema di Venezia di tre anni fa, ha perso un’occasione. Se il suo primo film era tratto da un romanzo poco conosciuto ma efficace anche per una trasposizione cinematografica, Il Gioiellino avrebbe avuto bisogno di un lavoro di rielaborazione più complesso. Un percorso di rappresentazione della nostra triste attualità è quello intrapreso da Sorrentino nel Divo o da Moretti nel Caimano, cioè rendere ancora più grottesca la realtà dei fatti, cercando di non sporcare il tutto con elementi presi dalla fiction. Si può intuire che il regista l’abbia fatto per paura di guai giudiziari, ma chiunque sa che nel nome Leda e in quelli del suo presidente Amanzo Rastelli e il suo ragioniere Botta sono celati quelli ben più noti di Parmalat, Tanzi e Tonna. Il cinema di denuncia deve presentare la realtà senza filtri e adornare il tutto con una storiella d’amore e richiami velati ai veri protagonisti risulta un po’ fuori luogo. Molaioli aveva dimostrato di saper fare del cinema “europeo”, qui si è reso meno interessante e più vicino ad un certo cinema italiano poco coraggioso, e anche Il Gioiellino rischia di non avere una sua autonomia cinematografica ma di essere etichettato come “un film con Toni Servillo”. Il vero protagonista è per l’ennesima volta il bravo attore napoletano, a discapito di un ottimo Girone/Rastelli: sua una delle scene più belle ambientate in Russia in cui la neve rappresenta una metafora della sua situazione personale.
La commedia non può essere il solo genere che incassa in Italia. Il pubblico è pronto alla rielaborazione di ciò che vede tutti i giorni e pretende verità da uno dei mezzi più potenti che ci rimane, sostituire la realtà porta solo alla confusione e alla noia.

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