Difficile essere alieni nell’era dei social networks
I mogodoriani, che hanno invaso il pianeta Lorien, danno la caccia a nove bambini con poteri speciali, nascosti sulla Terra. Quando il “Numero quattro”, l’ormai quindicenne John Smith (Alex Pettyfer), saprà che i primi tre sono stati uccisi, dovrà prima nascondersi, poi combattere per sopravvivere.
Prodotto da Michel Bay per la Dreamworks e distribuito dalla Disney, Sono il numero quattro è tratto dall’omonimo best seller di James Frey e Jobie Hughes che lo firmano sotto lo pseudonimo di Pittacus Lore e si apprestano a prepararne altri cinque con l’intento di proporre una nuova saga fantascientifica da portare sul grande schermo.
D.J. Caruso, che aveva già diretto Disturbia trasformando La finestra sul cortile di Hitchcock in un “teen-thriller” capace di sbancare il botteghino, si misura con la fantascienza in un altro film sul mondo adolescienziale, ma, più che la mano del regista, si nota subito l’operazione commerciale che prova a ricalcare le orme di Twilight. Del film, purtroppo, si salva poco. L’atmosfera è quella della serie tv Roswell. Il nostro eroe sembra un Clark Kent in erba (non a caso gli sceneggiatori sono quelli di Smallville) fin troppo sicuro di sé perchè una felpa con cappuccio possa reggere l’allegoria del teenager “alieno”. Palestrato come i personaggi di The Covenant, con superpoteri molto simili a quelli degli Heroes televisivi, anche quando si nasconde nella piccola cittadina di Paradise (Ohio) è incapace di mantenere un profilo basso e di astenersi dall’uso dei social network, pur sapendo che i nemici “annusano” le sue tracce e possono trovarlo tramite Internet, dove presto finiranno filmate le sue “abilità”.
Sono finiti i tempi di X-Files (a cui le citazioni non mancano), quando gli alieni passavano facilmente inossevati nella provincia americana! Interessante vedere come Caruso riproponga un discorso velato, già presente in film precedenti e centrale in Eagle Eye, sui nuovi mezzi di comunicazione come sistemi di controllo. Nella voce off che racconta l’inquietudine esistenziale del protagonista e nella colonna sonora rock, le altre piccole tracce della continuità autoriale del regista (Salton Sea – Incubi e menzogne, Identità violate, Rischio a due).
Peccato che il tentativo di confezionare un prodotto indirizzato a un target ben preciso, crei un altro eroe mancato e cada in classici steriotipi di cui sarà curioso vedere se anche gli stessi adolescenti sono stanchi: il guardiano “padre” con cui John è destinato a scontrarsi, il college con i bulli, l’amico nerd fissato con gli alieni, la ragazza sensibile di cui si innamora, la bella eroina bionda e di contro i cattivi, poco convincenti per far paura se non fosse che sono davvero brutti. Sotto le aspettative anche la fotografia di Guillermo Navarro (Jacky Brown, Dal tramonto all’alba) che regala qualche buona sequenza di fuoco e fiamme ma molte volte si perde nel buio (esemplare la scena iniziale) al contrario di quanto aveva fatto nel ben riuscito Il labirinto del Fauno.