Piume e cicatrici
No, Il cigno nero non è un film perfetto, a dispetto delle parole, pronunciate dalla splendida Natalie Portman, su cui si chiude il film. Gli si rinfaccia un eccesso di semplificazione, un accumulo di temi, un’assenza di originalità.
Il quinto lavoro di Aronofsky, dopo il riuscito The Wrestler, di cui, a detta dell’autore, sarebbe il contraltare, appare fin troppo lineare nella sua struttura geometrica, costruita su molteplici contrapposizioni: bianco contro nero, purezza contro perversione, tecnica contro passione. È facile capire, fin dalle prime battute, dove si andrà a parare, su quali palcoscenici ci porterà la storia di Nina, ballerina classica bravissima e fragile, imprigionata in un’infanzia fatta di tulle e di peluche. Il gioco di specchi (e quanti ce ne sono, ne Il cigno nero!) imbastito da Aronofsky, che moltiplica la figura di Nina, sdoppiandola nella madre, nella vecchia stella decaduta, nella rivale sensuale, sembra, allo spettatore, davvero troppo esplicito, così come sottolineati sono i riferimenti a tanti altri classici ambientati tra le quinte di un teatro. Ci sono Eva contro Eva, Che fine ha fatto Baby Jane?, Scarpette rosse, Il fantasma dell’opera. Non solo: ci sono David Cronenberg, Dario Argento, David Lynch, Roman Polanski e l’elenco potrebbe continuare, strappando ad Aronofsky ogni possibilità di essere definito “originale”. Tutto questo affollamento, però, tutta questa esibizione di riferimenti cinematografici, di psicanalisi un po’ spicciola, di metafore urlate è solo la superficie, la pelle levigata ed eterea da graffiare a fondo per arrivare a ciò che il film sa fare davvero, e con assoluta maestria: condurci nel profondo della follia di Nina, attaccati come siamo, insieme alla macchina da presa, alle sue scapole perfette. Nell’inquietudine di corridoi spogli e di strade buie, nella colonna sonora agghiacciante – che mescola note di Cajkovskij e frullare d’ali inesistenti alle articolazioni sofferenti delle ballerine – e nei momenti più squisitamente horror il film cattura completamente, incidendo, anche su di noi, le cicatrici misteriose che il personaggio della Portman scruta nello specchio. È grazie a quest’insistenza, così disturbante, sul corpo, che Il cigno nero raggiunge non la perfezione, ma il suo bersaglio: ci portiamo a casa l’angoscia, tutta quell’oscurità che a prima vista ci era sembrata così banale, mentre controlliamo, nello specchio dell’ingresso, che non ci sia sangue sulla nostra schiena.
Il cigno nero [Black Swan, USA 2010] REGIA Darren Aronofsky.
CAST Natalie Portman, Mila Kunis, Vincent Cassel, Winona Ryder.
SCENEGGIATURA Andrés Heinz, Mark Heyman, John J. McLaughlin. FOTOGRAFIA Matthew Libatique. MUSICHE Clint Mansell.
Drammatico/Horror/Thriller, durata 108 minuti.