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La sirenetta (1989)

sabato 24 Dicembre, 2016 | di Lisa Cecconi
La sirenetta (1989)
Speciale Classici Disney
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SPECIALE CLASSICI DISNEY
Muta come un’umana
Forse non tutti sanno che, nella fiaba originale, La sirenetta fa una pessima fine. Ignorata dal principe dopo ogni genere di sofferenza, si dissolve in inconsistente spuma del mare, muovendo a pietà solo gli spiriti dell’aria.

Non sorprende che la Disney abbia chiamato Ariel la sua sirenetta, edulcorando il testo di H. C. Andersen con la certezza di un lieto fine. Ma il monito della fiaba, per cui tradire la propria natura spesso non porta a niente di buono, ha assunto connotati anche più espliciti. Ecco perché un film realizzato nel 1989, dopo quasi cinquant’anni di gestazione, risulta tutt’ora tragicamente attuale.mediacritica_la_sirenetta_290 Sull’onda − è il caso di dirlo − della fase adolescenziale, Ariel vive a cavallo tra l’infanzia della fantasia (l’incantato Regno del mare) e le attrattive dell’età adulta (la “civiltà” della superficie). Curiosa quanto famelica di libertà, Ariel sogna culture sconosciute collezionandone gli oggetti, mentre il padre tuona autoritario che gli umani andrebbero tutti affogati. Nuova ai tormenti dell’innamoramento, la sirenetta canta sospirosa, mentre la Strega sentenzia che gli uomini preferiscono le donne zitte, possibilmente dotate di un bel paio di gambe. Il poco velato simbolismo della fiaba si traduce quindi in aperta critica e avvia lo scontro generazionale. Purtroppo, la difesa dell’agognata indipendenza si arena nel finale in un canonico “passaggio di consegne” tra la protezione paterna e l’amore coniugale. Per un’eroina più autonoma e consapevole bisognerà attendere La bella e la bestia. A La sirenetta rimane il merito di spunti non banali, oltre a quello artistico e commerciale di aver inaugurato il Rinascimento di Disney, dopo la crisi che l’affliggeva fin dai primi anni Settanta. Frutto di uno sforzo produttivo eccezionale, La sirenetta è infatti un film particolarmente riuscito, sia nel connubio tra effetti speciali e accuratezza artigianale che nella grandiosità delle sequenze corali. Fu l’ultimo film Disney colorato a mano e uno dei primi ad usare gli attori come base di ispirazione per i movimenti. Ma è anche quello che ha riportato in auge il ruolo delle musiche, affidandone la composizione a due navigati autori di Broadway, come Alan Menken e Howard Hashman. Il cuoco Maurice che canta Les poissons sventrando pesci davanti al granchio Sebastian − anticipando peraltro di anni la scena più esilarante di Sausage Party − resta un esempio della colonna sonora che ha vinto l’Oscar nel 1990. Ma è anche la sintesi di due mondi inconciliabili, dove il confine si attraversa senza poter tornare più indietro. A bordo della nave che salpa nel finale, Ariel non si lascia alle spalle solo il padre e il variopinto Popolo del mare. Saluta per sempre quella fase fantastica dove ogni giorno è una nuova scoperta, gli impegni si possono dimenticare e una forchetta è un “arriccia-spiccia”.

La sirenetta [The Little Mermaid, USA 1989] REGIA Ron Clements, John Musker.
CAST (DOPPIATORI ORIGINALI) Jodi Benson, Christopher Daniel Barnes, Samuel E. Wright, Jason Marin.
CAST (DOPPIATORI ITALIANI) Simona Patitucci, Vittorio De Angelis, Ronny Grant, Katia Folco.
SCENEGGIATURA John Musker, Ron Clements. MONTAGGIO Mark A. Hester. MUSICHE Alan Menken.
Animazione, durata 83 minuti.

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