Il Cinema Ritrovato, XXVII Edizione, 29 giugno – 6 luglio 2013, Bologna
Cinemascope claustrofobico
Nella sezione Bigger Than Life, il Cinema Ritrovato ha ospitato alcuni film europei contraddistinti dall’utilizzo del Cinemascope: tra questi l’impressionante I disperati di Sandor (1966, titolo internazionale The Round-Up) di Miklós Jancsó.
Nel film il confinamento e l’eliminazione sistematici dei rivoluzionari superstiti che parteciparono ai moti del 1848 per l’indipendenza di Ungheria rimandano esplicitamente alle conseguenze dell’invasione sovietica del ’56. Il susseguirsi dei pianisequenza è quasi impercettibile, ma non lascia scampo: il Cinemascope è perfetto per esaltare gli spazi e le rigorose geometrie, ma paradossalmente espande al massimo il senso di oppressione, nonostante la vastità degli spazi e l’orizzonte a perdita d’occhio ricordino certe inquadrature western. Nemmeno per un secondo le distese pianeggianti e il cielo sgombro comunicano un qualsivoglia senso di apertura o libertà, fosse anche come mero, speranzoso anelito. Nella stessa direzione va l’utilizzo di un sottofondo sonoro fatto di cinguettii e fruscii (la musica è totalmente assente) che piuttosto che naturali appaiono particolarmente stranianti, perché è impossibile ricondurli ad alcuna fonte visibile, e accrescono dunque la sensazione di dissociazione coatta rispetto alle ordinarie coordinate spazio-temporali. L’immensità degli spazi è l’estensione del metafisico deserto dell’umanità in cui i prigionieri si trovano rinchiusi: non c’è poi troppa differenza tra le anguste celle, i cortili e l’esterno, forme diverse della stessa trappola mortale. Il bianco e nero è tagliente e impietoso, le figure umane indistinti segni neri e bianchi oppure volti segnati che attendono la morte. I carcerieri non devono sforzarsi troppo per mettere in atto una tortura psicologica (quella fisica è quasi assente, si passa direttamente all’impiccagione): basta annullare l’identità perché gli istinti di sopravvivenza mettano l’uno contro l’altro; dimostrare incessantemente che non c’è via di fuga, che si può solo girare in tondo, incatenati e col volto coperto, mentre il tempo perde di senso e lo spazio si muta nel suo contrario. I disperati di Sandor è una lezione di cinema estremo e austero, impressionante e maestoso: quelli che si credono i protagonisti vengono spazzati via da un momento all’altro, la prevaricazione (di una parte dell’altra, e dell’immagine sul tutto) è totale, la lezione della Storia, segnata dall’ultima scena, è tragica e cruda.
I disperati di Sandor [Szegénylegények, Ungheria 1966] REGIA Miklós Jancsó.
CAST János Görbe, Zoltán Latinovits, Tibor Molnár, Gábor Agárdi.
SCENEGGIATURA Gyula Hernádi. FOTOGRAFIA Tamás Somló.
Drammatico, 87 minuti.