ANNIVERSARIO DEL CROLLO DELLA BORSA DI WALL STREET, 24 OTTOBRE 1929
C’è la Crisi, leggete Steinbeck
In questi anni di crisi economica esistono forse storie più attuali di quelle raccontate da grandi scrittori come John Fante e John Steinbeck, perfetti cantori dell’epoca della Grande Depressione?
La vita e le sofferenze di oppressi e sconfitti, lo sgretolarsi del Sogno Americano di una prosperità economica alla portata di tutti, l’epopea di famiglie costrette a lasciare la propria casa e la propria terra nel tentativo disperato di sopravvivere e sospinte, come i migranti di oggi, dalla prospettiva di un’esistenza più degna da conquistare attraverso sacrifici e lavoro. Ma non può esserci felicità in un mondo dominato dall’ingiustizia, dove le redini economiche sono saldamente nelle mani di un sistema implacabile e senza volto, incurante delle vite schiacciate per mantenere un’effimera prosperità. Allora, Steinbeck insegna, rimane come ultima e inalienabile risorsa la dignità umana, la solidarietà tra simili, la speranza in un futuro più equo, anche se la rabbia verso l’ingiustizia cresce e “nel cuore degli umili maturano i frutti del furore e si avvicina l’epoca della vendemmia”. John Ford con Furore cerca di dare forma a luoghi e personaggi del romanzo in un film sociale che denuncia avvenimenti del recentissimo passato con la volontà di farne un monito per gli anni futuri. Nel raccontare miserie materiali e grandezza morale di uomini e donne in viaggio verso il miraggio di una terra promessa che si rivelerà solo luogo di altri soprusi, privazioni e sofferenze, ecco però che il film manca a tratti di coraggio. Forse spaesato in questa digressione dall’amato western, Ford segue didascalicamente le peripezie della famiglia Joad, attenuando troppo la violenza della contestazione sociale e la presa di coscienza della lotta di classe da parte del predicatore Casy e del protagonista Tom. In una generazione completamente perduta, in cui i padri muoiono di fame, i figli conosceranno gli orrori della Guerra Mondiale e i nipoti si divideranno tra l’esistenza da innocue marionette nel teatro dell’America del consumismo sfrenato e la ribellione radicale della beat generation, Ford si concentra sull’esodo di una famiglia, sulle piccole-grandi tragedie della vita, sui bisogni quotidiani. Appare quindi più eroica la madre, nell’arrabattarsi per far mangiare un boccone a marito e figlioli, del primogenito Tom, disposto, nei suoi slanci ideali, al sacrificio personale in cambio di un beneficio futuro per tutti. Tuttavia è evidente l’impegno di Ford nel cercare di preservare lo spirito del romanzo soprattutto sul piano estetico con un lavoro perfetto su fotografia (del grande Gregg Toland) e scenografia, aiutato anche da un ottimo cast; quell’impegno che non sembra averci messo Walter Salles nell’adattamento autocompiaciuto, patinato e rassicurante, dell’altro grande capolavoro letterario “di viaggio”: On the Road.
Furore [The Grapes of Wrath, USA 1940] REGIA John Ford.
CAST Henry Fonda, Jane Darwell, John Carradine.
SCENEGGIATURA Nunnally Johnson. FOTOGRAFIA Gregg Toland. MUSICHE James Kerrigen, Alfred Newman.
Drammatico, durata 119 minuti.