filmforum, Udine-Gorizia 20-29 marzo 2012
La fotografia sperimentale
Prima era un deposito di biciclette, ma grazie a lui quel posto è stato reso abitabile. L’ha trasformato nella sua casa milanese. Armin Linke, classe ’66, è nato a Milano ed è diventato fotografo.
Oggi si divide tra il capoluogo lombardo, Berlino e tutte le altre città del Mondo che visita per lavoro. La fotografia è il mezzo con cui esplora i paesaggi e interroga gli spazi: “l’uso dello spazio, cosa ne facciamo, come lo modifichiamo e come queste trasformazioni interagiscono con noi, cambiandoci a loro volta. È questa la linea, circolare e immaginaria, che unisce le mie foto”.
E la sua arte, cogliere i tratti peculiari di un posto e restituirli in formato fotografico, è tutt’altro che un processo chiuso e a se stante: Linke apre l’obiettivo e nella sua inquadratura avvolge anche lo spettatore. La fotografia diventa così parte di uno scenario più complesso: installazioni presso gallerie d’arte, corridoi di musei con percorsi tracciati, fotografie affiancate da schermi cinematografici. L’immagine di Linke è un’immagine dinamica, che dialoga col cinema e che diventa parte di un iter, fino a farsi Cinema, come nel caso di Alpi: “Un progetto ambizioso, quello più completo, che unisce pratiche differenti fra loro e che mi è costato molta fatica produrlo” – ben sette anni prima di arrivare dalle installazioni fotografiche al grande schermo. Tutto merito del digitale e delle nuove tecnologie degli ultimi anni? Niente affatto, spiega il fotografo: “Cinque anni fa – quando ancora non esistevano gli ipad – alla Biennale di San Paolo del Brasile le persone componevano una storia e la stampavano, creando un piccolo libro. Quando il pubblico tocca l’opera allora, secondo il senso comune, l’opera smette di essere tale e io volevo cambiare le regole”.
Ma che tipo di fotografie scatta Armin Linke? È il Mondo, con la sua varietà di paesaggi, di forme e di culture, che entra nel suo obiettivo: dai freddi ghiacciai dell’Artico al cielo azzurro che si schiaccia sulla terra rossa del Sud America, dai prati argentini ai pappagalli di Singapore. E poi Las Vegas, Abu Dhabi, i colori delle cerimonie religiose di Laos e dell’India, una Sicilia inedita e suggestiva nel bianco e nero dell’Etna e di Filicudi. “Ho una lista di desideri, ma è un desiderio aperto che mi porta a raggiungere il mio soggetto dall’interno. Ma per coglierlo nella sua essenza, devi prima conoscere quello che stai fotografando” è così che il fotografo sceglie di cosa occuparsi e la foto, una volta che è davanti ai nostri occhi, ha una sua specificità specie se in relazione alle altre: “Ognuna ha una sua posizione nella costruzione di una sequenza, alcune si prestano per essere messe all’inizio, altre alla fine. Si crea quindi una narrazione, che è il risultato più interessante di questa ricerca di combinazioni”. Il nucleo narrativo che si cela dietro ogni foto è, in definitiva, proprio quello che avvicina la fotografia al cinema.
Tuttavia, il suo interesse non si polarizza solo sulla natura. L’architettura e le grandi infrastrutture trovano un posto di primo piano nei suoi lavori. “Tutto è iniziato dodici anni fa, quando ho letto sull’Espresso che in Cina stavano costruendo il Water Dam, un’opera immensa, e allora mi sono chiesto se fosse solo un modo per far circolare denaro o se la gente ne avesse veramente bisogno”. Linke comincia quindi a documentare il rapporto tra ambiente, persone e grandi architetture, per scoprire le implicazioni sociali e politiche che hanno questi grandi progetti. Vediamo dunque le immagini che la scienza e le tecnologie producono e che raramente sono rese visibili: dall’Osservatorio astronomico del Cile ai problemi edilizi che affliggono l’Italia dei condoni e dei reattori nucleari da smantellare. Certo, è difficile rimanere ottimisti davanti alle immagini in 3D di Visionario Nucleare e forse delle risposte ottimiste che riescano a integrare progresso e ambiente saranno prima o poi possibili ma, al di là degli interrogativi che Linke solleva, con la sua opera è riuscito ad abbattare il muro tra finzione e realtà combinando fotografia e cinema, installazioni da set cinematografico e video in 3D.